Dall’oro al greggio, è tutta materia che scotta

L’innovazione tecnologica, dai trasporti alle comunicazioni, innesca la corsa alle materie prime. Nessuna è esclusa. Domanda crescente e scarsità delle risorse: i prezzi vanno alle stelle

Dall’oro al greggio, è tutta materia che scotta

Salgono i prezzi delle materie prime. Di tutte, sia quelle che aumentano quando si prevede una fase economica espansiva, sia le materie prime preziose le quali - al contrario - normalmente aumentano quando si prevede una fase di stagnazione o recessione. Partiamo da queste ultime.

Boom del platino e soprattutto del palladio, che a metà dicembre 2019 ha toccato il record assoluto dei 1.940 dollari l’oncia, battendo anche il record dell’oro, raggiunto nel 2011, di 1.921 dollari l’oncia. Quotazione esplosa nel 2019, +50% sull’anno precedente, perché il palladio è fondamentale per le marmitte green, sia per vetture alimentate a carburanti tradizionali sia per le ibride.

Ma marcia a gonfie vele anche il ‘re’ degli elementi preziosi, l’oro. Le quotazioni si attestano sui 1.510 dollari l’oncia, il che significa +18% in dodici mesi. Qualcuno legge l’impennata del lingotto proprio come una corsa al bene rifugio per eccellenza a causa del prolungarsi della stagnazione e dei bassi tassi di interesse e in vista di una fase recessiva vera e propria.

Altra corsa, quella del petrolio. Il barile del Brent ha raggiunto i 68 dollari e il Wti ha superato i 61. Si tratta dei massimi dal settembre di quest’anno. Qui giocano aspettative opposte rispetto all’oro, e cioè un periodo espansivo dell’economia, oltre che la conseguenza per il calo delle scorte Usa. Sempre dagli Usa un dato che anch’esso concorre all’apprezzamento del greggio: si tratta della cosiddetta crisi dello shale oil, cioè la riduzione della produzione petrolifera ottenuta dalle rocce di scisto bituminoso, diffusa in alcune aree dell’America.

Rally, poi, per altri due elementi primari per l’industria. Non si tratta di combustibili ma di materie lo stesso fondamentali per la mobilità del futuro, anzi già del presente. Il rame, innanzitutto, che riscopre una nuova giovinezza grazie alla natura di ottimo conduttore elettrico. Il prezzo ora è intorno ai 6.180 dollari la tonnellata, con un incremento annuo del 3% ma che molti analisti vedono in potente salita, in scia con l’atteso boom della mobilità elettrica. Oggi il trasporto elettrico rappresenta solo l’1% della richiesta mondiale di rame: secondo alcuni studi diventerà il 6% in 10 anni grazie alla diffusione delle e-car.

Infine il cobalto, componente fondamentale per le batterie al litio sia dei veicoli elettrici sia degli smartphone. Nell’ultimo anno ha avuto un andamento fluttuante, ma negli ultimi sei mesi ha segnato un progresso del 10%. Ora costa oltre 32.500 dollari alla tonnellata. È atteso una tale incremento della domanda globale che il Congo, uno dei maggiori produttori al mondo, ha pensato bene di far sloggiare un’intera città di 100 mila abitanti, Kasulo. Disturba che sia poggiata su un sottosuolo che contiene un gigantesco giacimento, che il governo stima in 10 miliardi di dollari. Quindi val bene una deportazione di massa.

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