Le sanzioni alla Russia sono già state allentate 3 volte (anche se nessuno vuole ammetterlo)

Mentre mette a punto nuove sanzioni l’Ue contraddice se stessa e dimostra che la strategia di Putin funziona

Le sanzioni alla Russia sono già state di fatto allentate

Nei giorni scorsi, l’amministratore delegato della compagnia ucraina del gas Naftogaz, Yuriy Vitrenko, aveva commentato in modo tagliente la scelta della Germania di «sospendere» le sanzioni per consegnare una turbina alla russa Gazprom. A Berlino si temeva che Mosca tagliasse le forniture di gas all’Unione Europea e, pur di scongiurare la minaccia, si è preferito intaccare la credibilità delle sanzioni. “Vladimir Putin ora sa che ricattare funziona. Quindi aspettiamoci altri ricatti”, aveva commentato in modo caustico Vitrenko.

Inoltre, l’accordo sulla riapertura dei porti ucraini per l’export di venti milioni di tonnellate di grano corrisponde a un’intesa che solleva alcune sanzioni finanziarie e permette alla Russia di vendere nel mondo grano e fertilizzanti più facilmente. E la ripresa delle forniture di gas attraverso il Nord Stream — dopo dieci giorni di blocco per “manutenzione” — coincide con un’apertura da parte dell’Unione Europea: venerdì scorso è entrata in vigore una modifica al regime delle sanzioni favorevole a Mosca, perché rende più agevoli i pagamenti per le compagnie assicurative e altri operatori quando le russe Gazprom e Rosneft vendono gas e petrolio in Paesi terzi. Dall’inizio della guerra grandi gruppi globali come Vitol e Glencore avevano smesso di trattare il petrolio russo per conto terzi proprio a causa delle sanzioni contro Mosca. Ora però le modifiche introdotte a Bruxelles allentano i vincoli e rendono più semplice per la Russia registrare incassi da petrolio e gas da Paesi neutrali nel conflitto.

La strategia del ricatto di Vladimir Putin sembra dunque produrre dei frutti. Con la prima turbina di Gazprom, gli accordi sul grano e sull’export di gas e petrolio, le sanzioni sono già state allentate tre volte. Ma Mosca vuole di più: ecco perché ha bombardato il porto di Odessa il giorno dopo l’intesa sul grano e ha deciso di ridurre a partire dal 27 luglio il flusso di gas attraverso il Nord Stream 1 al 20% della sua capacità potenziale. Il motivo ufficiale di quest’ultima scelta? Un’altra turbina che (forse) non funziona bene. La partita a scacchi tra Putin e i governi occidentali prosegue: ma a fissare le regole del gioco sembra più il primo che i secondi.

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