
Microscopi avanzatissimi, intelligenza artificiale, milioni di paper ogni anno: la scienza contemporanea non è mai stata così visiva. Eppure, secondo l’analisi pubblicata su Roars e firmata da Katia Cortese, stiamo perdendo la capacità più importante: guardare. In senso critico, consapevole, profondo.
Il paradosso dell’iperproduzione. Una crisi globale di visione
L’osservazione ha sempre guidato la scoperta scientifica. Ma oggi, nell’era dell’iper-specializzazione e dei big data, gli scienziati sono sommersi da troppe immagini e troppe pubblicazioni, spesso senza il tempo (o la formazione) per interpretarle davvero. L’innovazione rallenta. Le scoperte davvero rivoluzionarie si fanno sempre più rare.
Errori e illusioni: il caso Covid-19
Durante la pandemia, molti studi confusero strutture cellulari per il virus SARS-CoV-2. Le immagini c’erano, ma mancava l’occhio esperto. La microscopia non mente, ma chi la legge può sbagliare. Un caso esemplare di quanto sia pericolosa la perdita del sapere visivo.
L’intelligenza artificiale e il rischio del simulacro
Con l’avvento dell’AI generativa, oggi è possibile creare immagini di laboratorio che sembrano reali… ma non lo sono. Il rischio? Una scienza che scambia finzione per realtà. I software di verifica come Proofig o ImageTwin aiutano, ma non bastano. Serve un ritorno al giudizio umano.
Serve una nuova cultura dello sguardo
La soluzione non è più tecnologia, ma più formazione. Serve una figura chiave: lo scienziato visivo. Un esperto capace di osservare, interpretare, contestualizzare. Un ruolo che va riconosciuto, valorizzato e istituzionalizzato. Perché senza chi sa davvero guardare, la scienza smette di comprendere.