Gli Usa stanno diventando il più grande paradiso fiscale del mondo?

Stiglitz: “Con la presidenza Trump e la deregulation fiscale, gli Stati Uniti rischiano di diventare il rifugio ideale per super-ricchi e multinazionali. Ecco perché il resto del mondo potrebbe reagire costruendo una globalizzazione più equa”

Gli Usa stanno diventando il più grande paradiso fiscale a livello globale?
Joseph Stiglitz

Secondo il premio Nobel Joseph Stiglitz, gli Stati Uniti stanno diventando il più grande paradiso fiscale del pianeta. Sotto la guida di Donald Trump, Washington ha avviato una strategia per smantellare accordi internazionali e protezioni istituzionali, favorendo elusione, ricchezza estrema e opacità fiscale.

Dazi sì, ma tasse ai miliardari no

Paradossalmente, Trump ama solo una forma di tassa: i dazi. Li presenta come uno strumento anti-stranieri per finanziare tagli fiscali ai miliardari. Ma la realtà è che i dazi li pagano i consumatori americani, aumentando i prezzi interni e indebolendo la produzione nazionale, proprio mentre l’economia combatte l’inflazione.

Tagli fiscali: più debito, nessuna crescita

Le evidenze smentiscono il mito che i tagli alle tasse stimolino la crescita. Durante la sua prima presidenza, Trump ha promosso il Tax Cuts and Jobs Act, un pacchetto fiscale che ha arricchito le aziende ma rischia di aggiungere 37.000 miliardi di dollari di debito pubblico in 30 anni, senza impatti reali sull’occupazione o il Pil.

Trump distrugge anche le esportazioni di servizi

Gli Stati Uniti sono una potenza nei servizi (turismo, educazione, sanità). Ma, tra restrizioni sui visti, tagli alla ricerca e un clima di ostilità verso gli stranieri, gli Usa stanno perdendo appeal, erodendo uno dei suoi maggiori vantaggi economici globali.

Musk, criptovalute e un nuovo “capitalismo offshore”

L’amministrazione Trump vuole ridurre la capacità del fisco di controllare e far pagare i ricchi. Le criptovalute, viste come simbolo di libertà, sono in realtà — sostiene Stiglitz — uno strumento di segretezza e riciclaggio, utile a chi evade ed elude le tasse.

Il resto del mondo si riorganizza: un “G meno uno”

Ma la buona notizia – conclude l’economista - è che l’isolazionismo fiscale Usa potrebbe rafforzare la cooperazione globale. Con oltre 50 paesi già impegnati sull’imposta minima globale del 15% alle multinazionali, cresce l’ambizione per una nuova architettura fiscale multilaterale. Una globalizzazione più giusta, magari senza Washington, ma con regole vere.

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