L’oro verde che alimenta la guerra civile del Sud Sudan

Raro, pregiato, portato dagli inglesi, arriva sui grandi mercati del mondo grazie a spregiudicate triangolazioni mercantili: è il teak. E nemmeno l’Europa è immune da responsabilità

L’oro verde che alimenta la guerra civile del Sud Sudan

Il legno pregiato delle piantagioni e delle foreste del Sud Sudan, il teak, è razziato illegalmente in grandi quantità e costituisce una delle maggiori fonti di finanziamento dei gruppi armati, che si sono combattuti durante la guerra civile (terminata ufficialmente con un accordo firmato nell’agosto del 2018) e che ancora oggi si combattono in diverse zone del paese.

Ai saccheggi partecipa anche l’esercito nazionale. Particolarmente instabile e insicura è la regione dell’Equatoria, proprio quella dove si trovano le vastissime aree forestali e le imponenti piantagioni di teak, essenza di origine asiatica – introdotta nel paese dagli inglesi in epoca coloniale – che in Sud Sudan ha prosperato.

Ѐ un patrimonio di cui il paese è quotidianamente spogliato a beneficio di pochissimi sud sudanesi che lo investono molto spesso in armi. Ricavano comunque dal traffico ben poco rispetto all’enorme giro d’affari complessivo di cui si avvantaggiano soprattutto commercianti internazionali.

Il legname pregiato sud sudanese, e in particolare il teak, è una facile preda perché il paese, indipendente dal luglio del 2011 e precipitato in una disastrosa guerra civile nel dicembre del 2013, non si è ancora dotato di una legislazione atta a gestirne e difenderne la coltivazione e il commercio.

Negli ultimi anni i trafficanti di legname hanno rivolto un’attenzione particolare al Sud Sudan perché vi si trovano le piantagioni più vecchie, produttive ed estese dell’Africa. Riserve ingentissime a cui, in linea di principio, non sarebbe proibito attingere. Ѐ invece sottoposto a restrizioni il teak proveniente dalle foreste dell’Asia meridionale, di cui l’albero è originario.

Per l’importazione nei paesi europei, ad esempio, si deve dimostrare unicamente che il legname proviene da una filiera legale. Ma il 90% del teak sud sudanese è raccolto e commerciato illegalmente. Viene falsificata l’origine (Congo o Uganda anziché Sud Sudan), trasferito in Kenya e quindi in India, che è anche un paese produttore e dunque può commerciarlo sul mercato internazionale senza destare sospetti. Dopo questo lungo giro, il legno è ‘ripulito’.

Solo nel 2019 un centinaio di compagnie hanno trasportato in India teak la cui origine è quasi sicuramente sud sudanese. Sono state registrate in arrivo circa 500 navi con un carico complessivo di 20 mila metri cubi di legname per un valore ufficiale stimabile in 12 milioni di euro.

Secondo le stime dell’Onu, inoltre, il Sud Sudan potrebbe raccogliere tasse per circa 50 milioni di dollari l’anno se riuscisse a controllarne il mercato. Invece, ne riceve tra l’uno e i due milioni solamente.

Per questa spoliazione, neppure l’Ue sembra essere esente da responsabilità. Il regolamento per la commercializzazione del legname (European Union Timber Regulation), introdotto nel 2013, è rimasto largamente inapplicato o è stato facilmente aggirato a causa di alcune falle, della complessità delle norme e della mancanza di controlli.

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