L’economia svizzera ha subito una contrazione solo in 6 degli ultimi 60 anni. Ora la festa è finita?

La Svizzera ha prosperato facendo parte del mondo libero senza farsi carico degli oneri che ne derivano. Ma nella nuova era della geoeconomia spietata, questa politica del “avere la botte piena e la moglie ubriaca” non funziona più.

La festa è finita?

Viaggiando sugli accoglienti tram di Zurigo, si sentono tutte le lingue del mondo; e l’aeroporto offre più voli intercontinentali diretti rispetto a Berlino. Eppure, diventare maggiorenni in Svizzera è come sedersi in un acquario a guardare il mondo attraverso una spessa finestra antiproiettile.

Quel vetro è andato in frantumi nelle scorse settimane quando Donald Trump ha annunciato dazi del 39% sulle esportazioni svizzere. Gli Stati Uniti sono la destinazione più importante per i prodotti svizzeri: il 18,6% di tutto l’export finisce lì.

Lo shock tariffario di Trump ha provocato una grave crisi di identità in un paese che si è arricchito con le esportazioni, e lo ha fatto in uno splendido isolamento dalla politica mondiale.

Per capire la Svizzera, si può immaginare come un gigantesco country club. Innanzitutto, non ci si entra facilmente: le leggi sull’immigrazione sono severe, anche se essere ricchi aiuta. In secondo luogo, è un posto ordinato: ogni centimetro di terra è curato. In terzo luogo, ci sono molte attività per il tempo libero.

Soprattutto, il club svizzero offre tradizionalmente tranquillità ai suoi membri. La storia non accade qui. L’ultima guerra in cui la Svizzera fu coinvolta fu la guerra del Sonderbund del 1847 (durò 26 giorni e morirono circa 100 persone). Il paese è governato da un governo a maggioranza di destra dal 1848. L’economia svizzera ha subito una contrazione solo in sei degli ultimi 60 anni.

La criminalità è bassa e il conflitto sociale esiste a malapena. Gli svizzeri hanno la percentuale più bassa d’Europa di giornate lavorative perse a causa di scioperi. E sì, il 93,2% dei treni viaggia pure in orario.

Rispetto a un pianeta nel suo complesso caotico e ansioso, la Svizzera offre il lusso di vivere in una realtà parallela, un’occasione per prendersi una pausa dal mondo. Questo è il sogno svizzero. Questa è la storia del libro per bambini ‘Heidi’, in cui una ricca ragazza tedesca che soffre la vita della grande città di Francoforte fugge sulle Alpi. Questa è la storia de ’La montagna incantata’ di Thomas Mann, in cui l’élite nevrotica europea si ritira sulle Alpi svizzere per pontificare sullo stato del mondo da una distanza sicura e paralizzante.

La lunga storia di neutralità e di deliberata lontananza della Svizzera ha anche alimentato un sentimento di eccezionalità svizzera. Sopravvivere a due guerre mondiali senza essere toccati ha convinto molti che rimanere da soli significa stare al sicuro, anzi, che può anche essere redditizio, soprattutto se si è felici di commerciare con la Germania nazista e il Sudafrica dell’apartheid.

L’isolazionismo porta benefici anche oggi. Il fatto di non far parte né della Nato né dell’UE consente alla Svizzera di essere l’unico paese europeo, oltre all’Islanda, ad avere un accordo di libero scambio con la Cina. Inoltre, consente a Berna di spendere solo lo 0,7% del PIL per la difesa, molto al di sotto dell’obiettivo della NATO del 3,5%. L’aiuto svizzero all’Ucraina si attesta ad appena lo 0,13% del PIL, otto volte inferiore a quello dei Paesi Bassi.

La Svizzera ha prosperato facendo parte del mondo libero senza farsi carico degli oneri che ne derivano. Ma nella nuova era della geoeconomia spietata, questa politica del “avere la botte piena e la moglie ubriaca” non funziona più.

Inoltre, la mossa di Trump ha completamente colto di sorpresa Berna. In Svizzera, molte persone pensavano che il governo di maggioranza di destra della presidente Karin Keller-Sutter sarebbe andato d’accordo con Trump che indossava il Rolex.

Invece, lo scioccante annuncio dei dazi di Trump ha lasciato l’establishment svizzero senza parole. In un paese multiculturale e federale con quattro lingue ufficiali, la grande narrazione unificante dell’eccezionalismo svizzero è a brandelli. Ma chi avrebbe mai immaginato che sarebbe stato lui a rompere finalmente il suo splendido isolamento?

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