
A metà del periodo di programmazione 2021–2027, l’Italia ha speso appena l’8% dei 74,8 miliardi di euro messi a disposizione dall’Unione europea per la coesione territoriale. Tradotto: meno di 6 miliardi effettivamente pagati su quasi 75 utilizzabili. Un dato che preoccupa Bruxelles e che rischia di mettere sotto pressione le amministrazioni centrali e regionali nei prossimi anni.
Il PNRR assorbe tutto
Perché siamo così indietro? La risposta è semplice: la macchina amministrativa italiana ha risorse limitate — in termini di personale, competenze tecniche e capacità di progettazione — e negli ultimi anni è stata assorbita quasi totalmente dal PNRR, che ha una scadenza molto più ravvicinata: agosto 2026. Il risultato è che gli altri strumenti europei, in teoria complementari, sono stati messi in stand-by.
Il punto del Governo
Durante la prima riunione della cabina di regia sulla coesione, il Governo ha confermato i numeri del monitoraggio e annunciato un cambio di passo.
Secondo il ministro per i Rapporti con l’UE Raffaele Fitto, partirà una riprogrammazione dei fondi per allinearli alle priorità strategiche di Bruxelles: politiche per la casa; transizione green; gestione dell’acqua; difesa; tecnologie critiche e strategiche.
Un tentativo di evitare che le risorse restino inutilizzate — o, peggio, vadano perse. Il quadro comunque non è ancora compromesso: ci sono altri quattro anni e mezzo per spendere e rendicontare i fondi.



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