Alla Cina occorre riconoscere di aver saputo vedere lungo. Quantomeno sui metalli e sui materiali critici. Da decenni ha compreso che molte materie prime sono limitate e indispensabili, indipendentemente dal loro valore contingente di mercato. I paesi occidentali non sembrano essersi posto questo problema che ha invece indotto Pechino a compiere scelte radicali.
Era il 1953 quando la Cina elaborò il suo primo Piano Quinquennale, che indicava la strategia per massimizzare il controllo del paese sull’esplorazione, la produzione e le esportazioni di risorse naturali. A distanza di quasi 70 anni, la Cina è riuscita ad estendere questa strategia in tutto il mondo.
Il presidente dell’Ecuador, Guillermo Lasso, ha recentemente dichiarato che concluderà i negoziati commerciali con la Cina entro la fine dell’anno. Da quanto si conosce, il nuovo accordo commerciale tra Cina ed Ecuador includerà più esportazioni di minerali ecuadoriani verso la Cina. Negli ultimi 10 anni circa, la Cina ha già aiutato l’Ecuador, estendendo il credito a lungo termine di milioni di dollari dedicato al commercio di petrolio greggio, minerali ed altro.
In America Latina la Cina vanta numerosi accordi con altri paesi legati allo sfruttamento delle risorse naturali (minerale di ferro, rame, nichel e terre rare). All’inizio di febbraio, Pechino ha annunciato un rafforzamento dei legami tra Cina e Argentina, dove la Zijin Mining Group sta per investire 380 milioni di dollari per costruire un impianto di carbonato di litio.
L’espansionismo cinese non si è limitato all’America latina. Oltre ad Australia e Stati Uniti, tradizionali partner commerciali, la Cina ha compiuto passi in avanti anche in Africa e Medio Oriente (Afghanistan). Nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, subito dopo la guerra civile nei primi anni 2000, la Cina ha cominciato a controllare miniere di rame e cobalto. In particolare, delle 14 grandi miniere di cobalto, ben 8 hanno legami con aziende cinesi.
Ma è sul ferro che la seconda economia al mondo sembra aver puntato, mettendo le mani su una gran parte del minerale di ferro brasiliano e australiano. Le importazioni di minerali da questi due paesi hanno rappresentato circa l’80% di tutte le importazioni cinesi dal 2015. E anche se attualmente i rapporti diplomatici tra Cina e Australia sono peggiorati, nel 2022 le importazioni cinesi di minerali australiani saranno comunque poco al di sotto della soglia del 60%.
Naturalmente, quando si parla di controllo di materie prime da parte della Cina non si può non fare riferimento alle terre rare. Secondo alcune stime, il paese estrae oltre il 70% delle terre rare del mondo e rappresenta oltre il 90% della raffinazione. Il Vecchio continente importa il 98% del proprio fabbisogno proprio dal paese più popoloso al mondo. Come noto, le terre rare consistono in 17 elementi essenziali per varie tecnologie, inclusi i sistemi di difesa militare e satelliti.
Ma lo stesso avviene per molti altri metalli, a partire dal litio fino ad arrivare all’alluminio, al nichel e al rame. Tra l’altro, una parte dei minerali e metalli che la Cina importa finiscono nelle sue riserve strategiche, scorte per compensare possibili carenze per l’industria cinese o per essere usate come arma commerciale verso altri paesi.