Il grande inganno dell’accordo sul grano ucraino

L’intesa, che Putin non ha voluto rinnovare, è andato a vantaggio quasi solo dei Paesi ricchi

Il grande inganno dell’accordo sul grano ucraino

Come è noto la Russia si è rifiutata di rinnovare l’accordo sul grano ucraino, attivato il 21 luglio 2022 per evitare che la guerra scatenasse una crisi alimentare. Ma questo strumento, nell’anno in cui è stato attivo, si è rivelato efficace e – soprattutto – equo? Per Oxfam, organizzazione non governativa che si batte contro la povertà, la risposta è “no”. Al contrario, l’accordo sul grano ucraino non sarebbe altro che “un grande inganno”.

Con l’invasione da parte dalla Russia, da subito si sono temute gravi conseguenze per la sicurezza alimentare globale. L’Ucraina infatti era il quinto esportatore di grano a livello globale, con un valore di 5,87 miliardi di dollari nel 2021. Per i primi quattro mesi, i cargo sono stati bloccati nei porti, carichi di cereali rimasti a marcire.

Da qui la scelta delle Nazioni Unite e della Turchia di mediare per realizzare un corridoio umanitario nel mar Nero. Per un anno dunque la Russia ha accettato di garantire la sicurezza della tratta e, in cambio, ha potuto esportare cibo e fertilizzanti senza subire sanzioni. Durante l’anno in cui l’accordo sul grano ucraino è rimasto in vigore, circa mille navi sono salpate dai porti di Čornomors’k, Odessa e Pivdennyi.

Tutto questo ha una data di scadenza, il 18 luglio 2023. Il Cremlino, infatti, ha più volte accusato i Paesi occidentali di non aver rispettato i termini dell’accordo. E ha chiesto di riammettere la banca agricola statale nel circuito Swift. Non avendo ottenuto condizioni migliorative, si è rifiutato di rinnovarlo.

L’accordo sul grano ucraino ha senza dubbio arginato l’aumento dei prezzi alimentari, ma non è certo bastato a contrastare la fame nel mondo, come evidenzia il report Sofi 2023, redatto da cinque agenzie Onu: tra il 2019 e il 2022, il numero di persone malnutrite è aumentato di 122 milioni di unità. Il motivo è presto detto: i cereali se li sono accaparrati, per la stragrande maggioranza, i Paesi ricchi.

La Ong fa riferimento a dati ufficiali e pubblici, quelli del Joint Coordination Center istituito dalle Nazioni Unite. Nell’arco di un anno le navi cargo hanno trasportato quasi 33 milioni di tonnellate di cereali e altri generi alimentari, soprattutto mais (il 51 per cento) e frumento (il 27). Addirittura l’80 per cento era diretto verso i Paesi ricchi, contro un modesto 3 per cento destinato agli Stati più poveri e colpiti dalla crisi alimentare.

Il risultato è che Paesi come il Sud Sudan e la Somalia, a cui è andato appena lo 0,2 per cento del grano ucraino dall’entrata in vigore dell’accordo, sono ad un passo dalla carestia.

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