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Donald Trump corregge la rotta e rimuove i dazi su carne, banane, caffè e un’ampia lista di altri prodotti agricoli. La motivazione formale? Gli Stati Uniti non producono abbastanza di questi beni e, grazie ai “progressi nei negoziati commerciali”, le tariffe non sarebbero più necessarie. Una versione che però lascia molti scettici.
Dietro le spiegazioni ufficiali: il timore del carovita
Il punto, secondo gli esperti, è un altro: gli americani sono sempre più frustrati da un carrello della spesa diventato insostenibile. E l’amministrazione lo sa benissimo. Le ultime settimane lo dimostrano: dal mutuo a 50 anni all’idea di un “dividendo dazi” da 2.000 dollari per ogni cittadino, la Casa Bianca si muove a vista per placare la rabbia popolare sui prezzi.
Il fantasma dell’“affordability”
Trump continua a minimizzare il tema dell’accessibilità dei beni, definendolo una “parola inventata dai democratici”. Ma la vittoria del socialista democratico Zohran Mamdani – costruita proprio su questo tema – ha acceso tutte le spie rosse. Dietro le quinte, l’entourage del presidente teme un duro contraccolpo elettorale.
Un’agenda economica che non convince
Nonostante la corsa di Wall Street e l’arricchimento dei grandi patrimoni, la promessa trumpiana di un’economia più leggera per le famiglie americane non si è ancora vista. E gennaio rischia di essere un detonatore: la fine dei sussidi Obamacare farà impennare i costi sanitari per milioni di persone. Un boomerang politico devastante, soprattutto in vista delle elezioni di midterm.
Il soprannome che fa infuriare il presidente
La retromarcia sui dazi rilancia il soprannome poco lusinghiero “Taco” (“Trump Always Chickens Out”; “Trump si tira sempre indietro”). Dal 2 aprile, data del maxi-annuncio sui dazi, la Casa Bianca è già stata costretta a correggere più volte il tiro. Una contraddizione imbarazzante per un presidente che ha fatto delle tariffe il pilastro della sua politica economica.
L’ombra della Corte Suprema
A complicare la situazione, la Corte Suprema sta valutando la legalità stessa dei dazi. I giudici si sono mostrati scettici sulla tesi dell’emergenza nazionale invocata dalla Casa Bianca. Una bocciatura sarebbe un terremoto: danno politico internazionale e, secondo una stima dello stesso Trump, fino a 3.000 miliardi di dollari da restituire. Un incubo a stelle e strisce.



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