L’Europa continua a finanziare, indirettamente, la guerra che cerca di fermare

Sessanta petroliere al mese: il fiume di soldi che alimenta Putin e minaccia l’Europa

L’Europa continua a finanziare la guerra che cerca di fermare

Gli Stati Uniti dettano la linea, Putin rilancia, e l’Europa reagisce senza un piano coerente. Le cause? Dipendenza energetica irrisolta, esitazioni politiche, paura delle ritorsioni russe. Per capire quanto siamo vulnerabili, basta osservare quello che accade nei mari che ci circondano.

Gli Houthi fermano il mondo, l’Europa non ferma le petroliere

Lo stretto di Bab el Mandeb – largo appena 25 km – è bloccato dagli Houthi da due anni, paralizzando il 70% dei transiti commerciali verso l’Europa. Nel Baltico, lo stretto fra Danimarca e Svezia è ancora più stretto (solo 4 km). Eppure lì scorrono liberamente le petroliere russe che portano nei porti di mezzo mondo decine di miliardi di petrolio. Persino una milizia tribale è più capace dell’Europa di esercitare influenza sul traffico marittimo globale.

Il vero polmone finanziario della guerra russa

I dati del centro studi ucraino Black Sea News mostrano un quadro paradossale: l’export russo di greggio non diminuisce; anzi cresce mese dopo mese. La metà del petrolio russo parte dal Baltico, dai porti di Primorsk e Ust-Luga. Valore annuo stimato: 55 miliardi di euro, la principale fonte che mantiene in vita il bilancio pubblico russo e la macchina bellica del Cremlino.

Una Russia in difficoltà, che però l’Europa continua a sostenere

L’economia russa rallenta sotto l’1%, l’inflazione corre verso il 10%, 17 settori industriali su 24 sono in recessione. Eppure, grazie alle entrate petrolifere, Putin riesce ancora a sostenere lo sforzo bellico e la sua agenda geopolitica. Ridurre quel flusso probabilmente cambierebbe le carte in tavola. Ma nessuno sembra volerlo fare davvero.

La flotta fantasma: navi vecchie, fuorilegge e pericolose

Nel solo settembre sono transitate nel Baltico: 3 navi senza bandiera, 6 con bandiere false, 15 considerate “a rischio ambientale”, 38 sotto sanzioni internazionali. E nonostante tutto ciò, passano indisturbate. Dovremmo fermarle, la legge lo permetterebbe: basterebbe bloccare quelle senza assicurazione, con documenti falsi, tecnicamente inidonee o sotto sanzioni. Risultato: ne rimarrebbero a terra circa 60. Un duro colpo all’export russo.

Incidenti nascosti e un rischio ambientale enorme

La “flotta fantasma” gestita da Mosca comprende tra 600 e 1.400 vecchie navi, spesso non assicurabili. Il 18 febbraio, la petroliera Aruna Gulcay ha lasciato una scia di 47 km di greggio in Adriatico, vicino a Ravenna. Incidenti simili vengono spesso silenziati.

Aiutiamo l’Ucraina… finanziando Putin

È l’ipocrisia perfetta. Da una parte paghiamo miliardi a Kiev per limitare i danni dell’aggressione russa. Dall’altra continuiamo a permettere che il petrolio di Mosca scorra liberamente nelle nostre acque. Poi ci stupiamo se Putin e Trump dettano le condizioni dei “piani di pace”.

Fonte
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