La visita di stato del presidente egiziano al-Sisi in Francia è lo specchio del doppio standard europeo sui regimi autoritari. Lo conferma il conferimento nei giorni scorsi ad al-Sisi della Legion d’Onore da parte di Macron, la più alta onorificenza francese. C’è un particolare. Le immagini del cerimoniale provenivano non dai media francesi ma da quelli ufficiali del regime egiziano. I media francesi, infatti, a testimoniare gli onori militari e la serata di gala non c’erano.
Ad attendere a Parigi il leader egiziano non c’è la riprovazione per gli abusi, ma una parata militare tra l’Arco di Trionfo e l’Eliseo. D’altronde è stato esplicito su un punto Macron, quando ha spiegato che non condizionerà la vendita di armi all’Egitto alla difesa dei diritti umani, perché non intende indebolire il governo di al-Sisi nella sua azione di contrasto al terrorismo nella regione.
Francia e Egitto condividono interessi geopolitici: l’instabilità della regione del Sahel, e la posizione in Libia, l’appoggio cioè al generale Khalifa Haftar nella parte orientale del paese. E soprattutto le armi: tra il 2013 e il 2017 la Francia è stata il principale fornitori di armi in Egitto.
La violazione dei diritti umani, i casi Regeni e Zaky, e i 60 mila detenuti politici in Egitto possono dunque attendere. E la Turchia di Erdogan, che certo non è uno stinco di santo, diventa il nemico numero 1 sullo sfondo (anche in questo caso) degli interessi politico-economici legati anche al gas e al petrolio nel Mediterraneo orientale. Come a dire, due pesi e due misure.
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