
Una battuta di un noto comico americano dice tutto: “Netanyahu è il peggior presidente degli Stati Uniti del XXI secolo”. Una provocazione che evidenzia l’influenza che Israele esercita su Washington. Anche su Trump, che pure vorrebbe fermare i raid israeliani in Siria. Ma il premier israeliano non sente ragioni: la sua strategia regionale procede senza ostacoli.
Il piano di Israele: dominio militare e zero tregue
Da Gaza al Libano, dalla Siria all’Iran, il disegno di Tel Aviv è chiaro: nessuno spazio per la diplomazia se non alle condizioni di Netanyahu. La parola “tregua” è diventata un concetto vuoto. Ogni accordo viene rotto unilateralmente. I negoziati in corso con la Siria sono già stati spazzati via da nuovi attacchi.
Il caso Siria: drusi, geopolitica e bombardamenti
Il ministro della Difesa Katz ha lanciato un ultimatum all’esercito siriano: via dalle città druse o saranno attacchi a oltranza. Sotto i riflettori c’è Suweyda, teatro di scontri violenti. E se il pretesto è la difesa della minoranza drusa, l’obiettivo sembra essere il controllo totale del Golan e del Monte Hermon, a due passi da Damasco.
Il “presidente” jihadista che ora Israele vuole abbattere
Ahmed Al Sharaa, ex Al Qaeda e Isis, autoproclamato leader siriano, era stato accolto come interlocutore da Israele e dai sauditi. Ma ora è finito nel mirino: bombardato il palazzo presidenziale a Damasco, il governo israeliano lo definisce “terrorista da eliminare senza indugio”.
Regimi da abbattere: il nuovo dogma israeliano
Con la benedizione statunitense, Tel Aviv punta al cambio di regime in Siria, come già tentato in Iran. Una strategia che rievoca le guerre “per esportare la democrazia” in Iraq e Afghanistan, ma con un unico vero obiettivo: cancellare ogni opposizione e isolare chi rifiuta di normalizzare i rapporti senza una soluzione per la Palestina.
Democrazia a senso unico
Israele continua a definirsi “l’unica democrazia del Medio Oriente”, ma tratta solo con autocrati fedeli. Il genocidio di Gaza, le operazioni militari mirate e l’assenza di rispetto per le sovranità altrui mostrano un'altra verità. E l’Europa? Assente. Come se tutto fosse “normale”. Il futuro del Medio Oriente si gioca ora. Ma a decidere non sono né i popoli, né la diplomazia. Sono le bombe.