Trump appalta la Striscia

Il presidente Usa annuncia il via libera di Netanyahu al suo piano: a Tel Aviv la “sicurezza” dei confini, a lui e Blair il governo dell’enclave. Un progetto da miliardi, ostaggi da liberare e una Gaza sotto controllo. Ma i palestinesi rischiano di restare prigionieri

Trump appalta la Striscia

Donald Trump ha annunciato dalla Casa Bianca un piano in 20 punti per la Striscia di Gaza, ottenendo il via libera del premier israeliano Benjamin Netanyahu. L’ex presidente americano ha parlato di “giorno storico per la civiltà” e di “pace perenne in Medio Oriente”.

Il progetto prevede il rilascio degli ostaggi israeliani entro 72 ore, un cessate il fuoco immediato, corridoi umanitari sotto la supervisione ONU e persino un’amnistia per i membri di Hamas che rinunciano alla violenza. Ma dietro l’immagine della pace si cela un modello di amministrazione internazionale che priva i palestinesi del controllo sul loro futuro.

Il “Board of Peace”: chi comanda Gaza

A gestire la ricostruzione da miliardi di dollari sarà un “Consiglio della Pace” guidato da Trump insieme a figure internazionali come l’ex premier britannico Tony Blair. In pratica, Gaza diventerebbe un protettorato economico-politico con Tel Aviv responsabile della sicurezza dei confini e Washington garante degli equilibri.

Netanyahu: sì con condizioni

Netanyahu ha dichiarato che il piano ricalca le priorità di Israele: liberazione degli ostaggi, disarmo di Hamas, demilitarizzazione della Striscia. Ma ha posto paletti rigidi: nessun ruolo all’Autorità nazionale palestinese, permanenza dell’esercito israeliano ai confini e piena libertà d’azione. Condizioni che rendono Gaza tutt’altro che autonoma.

Hamas e Anp: nodi irrisolti

Funzionari di Hamas hanno già fatto sapere che il disarmo è una richiesta “inaccettabile senza uno Stato palestinese”. Anche l’Anp, pur inserita formalmente nel piano, rischia di essere esclusa: Netanyahu vuole che rinunci alla Corte penale internazionale e si trasformi radicalmente.

La mossa del Qatar e la pressione araba

Il dossier è esploso dopo le tensioni con il Qatar, che aveva accusato Israele di violare la propria sovranità. In un gesto senza precedenti, Netanyahu ha chiamato l’emiro Al-Thani per scusarsi e promettere che non ci saranno nuovi raid su Doha. Un segnale di debolezza e isolamento del premier israeliano, che deve fare i conti con la pressione internazionale e con l’ira dei coloni ultranazionalisti in patria.

Una pace che non libera Gaza

Il piano di Trump viene presentato come la svolta diplomatica del secolo, ma rischia di trasformarsi in una “neo-colonizzazione” mascherata da accordo di pace. Gaza verrebbe ricostruita, sì, ma restando senza reale sovranità. La “pace” promessa sembra più un business miliardario che una vera liberazione per i palestinesi.

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