
Quando l’amministrazione Donald Trump ha avviato una nuova stretta sui dazi a inizio anno, molti economisti prevedevano un duro colpo per il Messico, economia fortemente orientata all’export e profondamente integrata con quella statunitense. L’aumento delle tariffe su auto, acciaio e alluminio sembrava destinato a rallentare produzione e occupazione. Ma lo scenario temuto non si è materializzato.
I numeri che ribaltano la narrativa
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, le esportazioni manifatturiere messicane verso gli Stati Uniti sono cresciute di quasi il 9% tra gennaio e novembre, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sulla base dei dati del governo di Città del Messico. Un risultato che sorprende, soprattutto perché arriva in un contesto di tensioni commerciali e barriere tariffarie crescenti.
Auto in calo, ma il resto dell’industria corre
Il settore automobilistico, uno dei più colpiti dai dazi, ha effettivamente registrato una flessione: le esportazioni di veicoli verso gli Usa sono diminuite di circa il 6%. Ma il dato viene più che compensato dalla performance degli altri comparti industriali. Elettronica, macchinari, elettrodomestici e componentistica hanno messo a segno una crescita di circa il 17%, trainando l’intero comparto manifatturiero.
Il fattore chiave: il nearshoring
Alla base del “miracolo messicano” c’è una tendenza strutturale che va oltre i dazi: il nearshoring. Sempre più aziende statunitensi e multinazionali stanno spostando produzioni dall’Asia al Messico per ridurre i rischi geopolitici, accorciare le catene di fornitura e contenere i costi logistici. La vicinanza geografica agli Usa, unita a salari competitivi e a una base industriale già sviluppata, rende il Messico un’alternativa strategica alla Cina.
USMCA e integrazione produttiva
A giocare un ruolo decisivo è anche l’USMCA, l’accordo commerciale che ha sostituito il Nafta. Nonostante le tensioni politiche, il trattato continua a garantire integrazione produttiva, regole di origine chiare e flussi commerciali stabili tra Stati Uniti, Messico e Canada. Molte imprese aggirano l’impatto dei dazi riorganizzando le filiere all’interno del perimetro nordamericano.
Il vero paradosso della guerra dei dazi
Il risultato è paradossale: mentre la guerra commerciale nasce per proteggere l’industria Usa, finisce per rafforzare il ruolo del Messico come hub manifatturiero regionale. Un Paese che, invece di essere penalizzato, consolida la sua posizione come primo partner commerciale degli Stati Uniti e snodo chiave delle catene del valore nordamericane.
Uno scenario destinato a durare
Se le tensioni tariffarie dovessero proseguire anche nei prossimi mesi, il vantaggio competitivo del Messico potrebbe rafforzarsi ulteriormente. Il Paese centroamericano emerge così come vincitore silenzioso di una guerra commerciale che sta ridisegnando, più che frenando, la geografia dell’industria globale.


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