Don Milani l’economista

Il 27 maggio si è celebrato il centenario della nascita di Lorenzo Milani, una delle figure più significative del Novecento italiano. Non solo maestro ed educatore, anche il suo messaggio come economista resta originale e attuale: “Il progresso è arrivato coi suoi due classici doni: antifecondativi e antibiotici”

Don Milani l’economista

È  caduto in questo mese di maggio il primo centenario della nascita di Don Lorenzo Milani (1923-1967), figura di spicco del cattolicesimo italiano, ma anche del pensiero laico e persino dell’indagine scientifica, sociale ed economica.

Nel suo primo e unico libro, “Esperienze pastorali” (1958), sotto quel titolo in apparenza così “assolutamente scoraggiante” (come scrisse Indro Montanelli) si trova uno studio acuto e penetrante della condizione operaia e della vita delle famiglie meno abbienti con una valenza che va molto al di là dell’area fiorentina, cui i dati si riferivano, e dell’epoca in cui le elaborazioni venivano fatte.

Come evidenziò Montanelli, di fronte a tutti quei grafici e tabelle, “questo libro è stato scritto, e anche stampato, con tale spregio di tutto ciò che può costituire richiamo per il lettore, da disarmare qualunque diffidenza sulle sue intenzioni”.

Innanzitutto, ci sono i dati sulle migrazioni interne: dalla montagna al piano, alla città, dai campi alle fabbriche, dalla condizione contadina a quella operaia. Accanto a un originale indice “di appetibilità dei poderi”, Don Milani nota come i rari casi di proprietà privata della terra (anche se poca) siano sufficienti a spiegare la maggiore stabilità alle famiglie. “Che aspettiamo dunque”, si chiede, a dare la proprietà della terra a chi la lavora, il bestiame a chi ha il coraggio di pulire la stalla, i boschi a chi ha il coraggio di viverci?

Anche se le preoccupazioni di Don Milani sono soprattutto di ordine apostolico e pastorale, le sue analisi, oggi diremmo di statistica economica applicata, sono interessanti sia per contenuto che per metodo.

Un secondo insieme di informazioni riguarda le condizioni abitative (case, abitanti, famiglie, relazioni di parentela). Anche qui non mancano le osservazioni originali, tra cui il calcolo dell’affollamento non in termini di numero di vani, ma in termini di numero di letti disponibili, “nozione illuminante” come scrisse Luigi Einaudi.

Un intero capitolo, con una lunga appendice, è dedicato al tema del lavoro. Con grande acutezza la dinamica della forza lavoro, misurata con metodi artigianali ma non di meno efficaci, è attribuita “a due opposte cause: diminuzione delle nascite e allungamento della vita”.

Il progresso – nota ironicamente Don Milani – è arrivato coi suoi due classici doni: antifecondativi e antibiotici”. Vi si legge anche, con toni spesso drammatici che ricordano la letteratura inglese sulla prima rivoluzione industriale, la denuncia del lavoro nero e di quello minorile, il problema della produttività del lavoro e del salario, la disoccupazione ufficiale e quella effettiva, il progresso tecnologico e la scarsa sicurezza dei lavoratori, che purtroppo ritorna, con tragica puntualità, anche nelle cronache di oggi, a 70 anni di distanza.

Il tema della disuguaglianza, di istruzione come di reddito, è messo in luce più volte. “L’operaio d’oggi col suo diploma di quinta elementare – nota in un confronto su dati secolari – è in stato di maggior minorazione sociale che non il bracciante analfabeta del 1841”. Aggiornando le comparazioni, la frase ha ancora oggi tutta la sua validità.

Tra le tante misurazioni originali proposte nel libro, c’è anche un indicatore di disuguaglianza sociale basato sulla velocità di spostamento. Se nel 1852 l’operaio andava a piedi (a 6 chilometri l’ora) e il ricco in carrozza (a 15 chilometri l’ora), cent’anni dopo l’operaio va in moto (a 60 chilometri l’ora) mentre il ricco vola (a 900 chilometri l’ora): la diseguaglianza da un fattore 2 è salita a un fattore 15 e da qui non ha cessato di crescere nei decenni successivi.

In sintesi, accanto alla più nota immagine di un Don Milani maestro ed educatore, sacerdote e pastore d’anime, emerge anche un Don Milani economista, osservatore acuto della realtà che lo circondava e che, a ben guardare, non è molto diversa dalla nostra nei tanti problemi aperti e ancora irrisolti. La formula più efficace la trovò probabilmente Elémire Zolla (1959): “Ha studiato la sua parrocchia e gli è bastato per capire l’intera struttura del mondo moderno”.

Sono stati qui riportati alcuni passaggi di un articolo firmato da Riccardo Cesari pubblicato su lavoce.info.

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