
Era il luglio del 2015 quando i greci dissero “Oxi” – no – al piano di austerità imposto dalla Troika. Un voto simbolico, che però non impedì l’arrivo di misure drastiche e sacrifici durissimi. Oggi, a dieci anni da quel momento storico, la Grecia è cambiata, ma non come molti speravano.
Un’economia che corre (almeno nei numeri)
Il Pil cresce, la disoccupazione cala, le agenzie di rating promuovono Atene. Il turismo è tornato ai livelli pre-crisi, con milioni di visitatori che affollano le isole e le strade di Atene. Gli investimenti aumentano, e l’immagine della Grecia all’estero è quella di un paese in ripresa.
Dietro le quinte: salari bassi e nuove povertà
Ma sotto la superficie luccicante del successo economico, molti greci faticano a tirare avanti. I salari restano tra i più bassi d’Europa occidentale, la precarietà domina il mercato del lavoro, e l’accesso ai servizi sociali è ancora limitato. “I numeri vanno bene, le persone molto meno”, si sente dire spesso ad Atene.
Turismo record, ma non per tutti
L’invasione turistica ha rilanciato il settore alberghiero e della ristorazione, ma ha anche fatto impennare gli affitti e spinto molti residenti fuori dai centri urbani. Il boom non si traduce sempre in benessere diffuso, anzi, spesso alimenta nuove disuguaglianze.
Una resurrezione a metà
La Grecia di oggi è un paese in bilico tra rilancio economico e tensioni sociali. La crisi sembra alle spalle (anche se il suo debito pubblico resta altissimo), ma la sua eredità è ancora viva nel quotidiano di milioni di cittadini. La vera sfida, per Atene, è trasformare la crescita in un benessere tangibile se non per tutti quantomeno per la maggior parte dei greci.