“Chi ha incastrato Steve Witkoff?”

Il consigliere Usa che suggeriva piani a Mosca

“Chi ha incastrato Steve Witkoff?”

Una telefonata di cinque minuti è bastata per aprire una frattura diplomatica tra Washington, Mosca e Kiev. Steve Witkoff, inviato speciale americano, finisce al centro della bufera dopo la pubblicazione, da parte di Bloomberg, della trascrizione di una conversazione confidenziale con Yuri Ushakov, consigliere di Vladimir Putin. Un botta e risposta imbarazzante in cui Witkoff avrebbe suggerito al Cremlino una strategia per trattare con Donald Trump e perfino delineato un piano di pace “in stile Gaza”, con il Donetsk nelle mani russe e ipotesi di scambio di territori.

Una fuga di notizie che scuote Washington

La telefonata solleva interrogativi non solo sul ruolo di Witkoff, già sospettato di simpatie verso la posizione russa, ma anche su chi abbia diffuso una conversazione avvenuta su linee governative criptate. L’episodio arriva in un momento delicatissimo, con l’amministrazione Usa divisa tra “falchi russi” e “falchi ucraini”, guidati rispettivamente da Marco Rubio e JD Vance, entrambi in lizza per il ticket repubblicano del 2028.

Il Cremlino parla di sabotaggio

La reazione di Mosca è furiosa. Ushakov definisce “inaccettabile” la fuga di notizie e accusa apertamente una manovra per sabotare i negoziati bilaterali. Il vice ministro degli Esteri Ryabkov parla addirittura di “guerra ibrida dell’informazione” orchestrata da media europei. Perfino la stampa russa alimenta i sospetti: il quotidiano Kommersant titola “Chi ha incastrato Steve Witkoff?”.

Trump minimizza, ma cresce il malcontento repubblicano

Trump difende il suo emissario parlando di “normale tattica negoziale”, mentre la Casa Bianca insiste che Witkoff sta facendo “esattamente ciò per cui è stato nominato”. Ma non tutti i repubblicani ci credono. Il deputato Don Bacon chiede il suo licenziamento perché “si comporta come fosse al soldo di Mosca”, seguito da Brian Fitzpatrick, che invoca il passaggio del dossier nelle mani di Rubio.

Cosa c’era davvero nella telefonata del 14 ottobre

Secondo la trascrizione, Witkoff avrebbe consigliato a Ushakov di presentare a Trump un “piano di pace a 20 punti”, modellato sull’accordo per il cessate il fuoco a Gaza, e suggerito a Putin di chiamare l’ex presidente per lodarlo come “uomo di pace”. Poi la frase incriminata: “Tra me e te, so cosa servirà per arrivare a un accordo: il Donetsk e forse uno scambio di territori”.

Il giorno successivo, in un colloquio teso, Trump negherà a Zelensky i missili Tomahawk e lo esorterà a cedere il Donbass.

Un secondo leak che alimenta nuovi dubbi

A complicare il quadro arriva un’ulteriore trascrizione, datata 29 ottobre, tra Ushakov e Kirill Dmitriev, Ceo del fondo sovrano russo, che discute sulle pressioni da esercitare per influenzare il piano di pace. Dmitriev nega tutto, parlando di «trascrizioni false» diffuse da chi vuole sabotare il dialogo. Ma il clima resta avvelenato.

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