
Il governo israeliano ha approvato il piano di colonizzazione E1, destinato a dividere in due la Cisgiordania e isolare Gerusalemme. Una scelta che, secondo molti osservatori, rappresenta un colpo definitivo all’ipotesi di uno Stato palestinese nei confini del 1967. Intanto l’esercito annuncia nuove operazioni a Gaza, mentre gli Stati Uniti colpiscono con sanzioni giudici e procuratori della Corte penale internazionale.
La narrazione del “piccolo Davide”
Fin dalla sua nascita Israele ha costruito un racconto potente: il piccolo Davide che sconfigge Golia, il deserto trasformato in giardino, la democrazia occidentale nel cuore del Medio Oriente. Una strategia comunicativa che ha consolidato l’immagine internazionale del Paese, cancellando però per decenni il tema della pulizia etnica subita dalla popolazione palestinese nel 1948.
Dalla Nakba ai social network
Il 7 ottobre 2023 ha segnato un cambio di passo. Soldati che condividono sui social immagini di violenze a Gaza e leader politici che evocano una “seconda Nakba”: la narrazione pubblica non nasconde più l’orrore, ma lo rivendica apertamente. Un linguaggio che diventa strumento politico per intimidire i nemici e rassicurare i cittadini israeliani.
La macchina della propaganda
Il premier Netanyahu ha parlato di “centinaia di migliaia di shekel” investiti nella propaganda internazionale. Dai video diffusi dai ministeri alle dichiarazioni ufficiali, l’obiettivo è duplice: smentire ogni testimonianza che arrivi da Gaza, definendola “fake news”, e trasformare i crimini in un messaggio di potenza e controllo.
La comunicazione dell’orrore
Emblematica la scelta del ministro Itamar Ben Gvir: diffondere filmati dai carceri israeliani mostrando prigionieri palestinesi costretti a vedere immagini della distruzione di Gaza, con case rase al suolo e vite cancellate. Una messa in scena della supremazia che punta a umiliare il nemico e galvanizzare l’opinione pubblica interna.
Potenza o abisso?
L’uso sistematico della comunicazione come arma non rafforza solo l’immagine di Israele: rivela anche un abisso morale e politico. Ogni video e ogni messaggio confermano un dominio che si alimenta dell’umiliazione altrui, ma che allo stesso tempo lascia emergere la dignità di chi resiste, dietro le sbarre come nelle macerie di Gaza.