
L’Italia ha registrato il calo più significativo dei salari reali tra tutte le principali economie dell’Ocse negli ultimi anni e gli aumenti che si profilano sono inferiori alla media.
Nonostante un incremento relativamente consistente nell’ultimo anno, all’inizio del 2025 i salari reali nella Penisola erano ancora inferiori del 7,5% rispetto all’inizio del 2021, indica l’Employment Outlook 2025 dell’Organizzazione che riunisce le 38 economie industrializzate.
La media Ocse nel periodo considerato è di un aumento del 2,4%. I salari reali stanno crescendo praticamente in tutti i paesi aderenti, ma nella metà di essi sono ancora inferiori ai livelli dell’inizio del 2021, prima dell’impennata dell’inflazione che ha seguito la pandemia, nota il rapporto.
In effetti in Germania registrano una flessione dello 0,2%, in Francia dell’1%, e negli Stati Uniti e in Giappone del 2%. Tra le principali economie mondiali brilla il Regno Unito con un aumento del 3,9%. Su base annua l’aumento dei salari reali in Italia è stato del 2,2% nel primo trimestre del 2025, un po’ sotto la media Ocse (2,5%). Il rinnovo dei principali contratti collettivi nell’ultimo anno ha portato ad aumenti salariali negoziati superiori al solito.
Tuttavia, questi non sono stati sufficienti a compensare completamente la perdita di potere d’acquisto causata dall’aumento dell’inflazione, rileva l’organizzazione con sede a Parigi. Occorre poi considerare che, all’inizio del primo trimestre del 2025, un dipendente su tre del settore privato era ancora alle prese con un contratto collettivo scaduto.
Un altro nodo su cui insiste il rapporto è la disuguaglianza intergenerazionale di reddito. Negli ultimi trent’anni, i baby boomer hanno goduto di una crescita del reddito significativamente più forte rispetto alle coorti più giovani e se non si troverà modo di aumentare i redditi dei più giovani, la disuguaglianza intergenerazionale crescerà.
Mentre nel 1995 il reddito disponibile delle famiglie dei giovani in età lavorativa (25-34 anni) era superiore dell’1% rispetto a quello degli italiani tra i 55 e 64 anni, nel 2016 la situazione si è ribaltata a favore dei lavoratori più anziani (+13,8% in termini reddituali rispetto ai colleghi più giovani).