
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha confermato la validità della direttiva sui salari minimi adeguati nell’Ue, respingendo in gran parte il ricorso presentato dalla Danimarca, sostenuta dalla Svezia.
I giudici del Lussemburgo hanno tuttavia cancellato due articoli considerati troppo invasivi: quelli che imponevano criteri vincolanti per la definizione dei salari e che vietavano la riduzione dei minimi soggetti a indicizzazione automatica.
Per tutto il resto, la direttiva resta pienamente valida e applicabile nei Paesi membri.
Il ricorso danese e il timore per il modello nordico
Copenaghen aveva contestato la direttiva sostenendo che l’Ue non abbia competenza sulla “pay”, cioè la determinazione diretta dei salari, tutelata dall’articolo 153 del Trattato Ue.
La Danimarca teme da tempo che Bruxelles possa interferire con il proprio modello di relazioni industriali, basato sulla contrattazione collettiva tra imprese e sindacati, senza un salario minimo fissato per legge.
La Corte ha accolto solo in parte questa tesi: ha chiarito che l’Ue non può imporre regole salariali dirette, ma può stabilire un quadro comune per promuovere retribuzioni dignitose e rafforzare la contrattazione.
Una vittoria per Bruxelles e per il lavoro dignitoso
La sentenza conferma che l’obiettivo della direttiva — assicurare salari equi e contrastare il lavoro povero — rientra nelle competenze dell’Ue sul miglioramento delle condizioni di lavoro.
Si tratta, in sostanza, di un compromesso politico: l’Unione salva uno dei pilastri del proprio modello sociale, mentre i Paesi nordici ottengono la garanzia che Bruxelles non potrà intervenire direttamente sui salari.
Cosa cambia per i Paesi europei
La direttiva — parte del Pilastro europeo dei diritti sociali — stabilisce che i salari minimi, dove esistono, debbano garantire un tenore di vita dignitoso e una maggiore coesione sociale.
Nei Paesi ad alta contrattazione collettiva, come Danimarca, Svezia e Finlandia, non viene imposto un salario minimo per legge, ma è richiesto che la copertura negoziale resti almeno all’80%.
Negli Stati con un salario minimo legale (l’Italia non è fra questi), come Francia, Germania e Spagna, la determinazione dei parametri (inflazione, produttività, costo della vita) torna a essere competenza nazionale, ma resta l’obbligo di aggiornamenti periodici e di consultazione delle parti sociali.





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