
Il Belgio ha voltato pagina. Dopo oltre vent’anni di dibattiti, rinvii e promesse di dismissione, Bruxelles ha ufficialmente archiviato il piano di chiusura progressiva delle centrali nucleari. Il Parlamento ha approvato una risoluzione che consente non solo di mantenere in funzione gli impianti esistenti, ma anche di avviare la costruzione di nuovi reattori. Il voto è stato chiaro: 102 sì, 8 no e 31 astenuti.
Il ritorno dell’atomo in Belgio: una decisione che spacca l’Europa
Il nuovo governo conservatore ha puntato tutto sul rilancio dell’energia atomica come asse strategico per l’indipendenza energetica e la transizione a basse emissioni. La decisione belga si inserisce in un contesto europeo sempre più diviso: mentre Paesi come la Germania hanno chiuso del tutto con il nucleare, altri – come Francia, Repubblica Ceca e ora il Belgio – lo considerano essenziale per il mix energetico del futuro.
Le ragioni dietro la scelta
La guerra in Ucraina, l’instabilità dei mercati energetici e la crisi climatica hanno spinto il Belgio a riconsiderare la propria politica energetica. Il nucleare viene ora visto come una soluzione “ponte” capace di garantire stabilità nella produzione elettrica, ridurre la dipendenza da fonti fossili e rispettare gli obiettivi climatici.
Le sfide da affrontare
Ma la strada non è priva di ostacoli. Restano aperti i nodi legati alla sicurezza, alla gestione delle scorie radioattive e ai costi di costruzione dei nuovi impianti. Non mancano poi le opposizioni interne: i Verdi e parte dell’opinione pubblica continuano a denunciare i rischi e a chiedere investimenti più decisi nelle rinnovabili.
Una scelta che farà scuola?
La mossa del Belgio riapre un dibattito cruciale per l’intero continente. In un’Europa alla ricerca di equilibrio tra sicurezza energetica e neutralità climatica, il rilancio del nucleare potrebbe tornare al centro delle strategie nazionali. Il voto di Bruxelles è solo l’inizio di una partita molto più ampia.