Ecco perché l’Arabia Saudita potrebbe far salire il prezzo del petrolio oltre i 100 dollari

Se Riad, a causa di possibili sanzioni dopo il caso Khashoggi, tagliasse la produzione di greggio potrebbe far schizzare il prezzo come nel 2008, quando toccò i 147 dollari al barile. Ma il primo paese a rimetterci sarebbe la stessa Arabia Saudita

Ecco perché il prezzo del petrolio potrebbe sfondare i 100 dollari

La morte di Jamal Khashoggi potrebbe causare l’imposizione di sanzioni all’Arabia Saudita da parte degli Usa. Ma Riad ha un’arma, che il governo ha già usato nei mesi scorsi per tagliare la produzione di petrolio allo scopo di aumentarne il prezzo. Così il prezzo al barile, spinto dalle restrizioni imposte da Washington all’Iran e dalle crisi in Venezuela e alcuni paesi africani, è salito intorno agli 80 dollari.

E potrebbe salire ancora. Il paese arabo, imponendo limiti produttivi più significativi, farebbe schizzare il prezzo oltre i 100 dollari. Non sarebbe una novità. Il greggio ha toccato un prezzo, al lordo dell'inflazione, di 147 dollari nell'estate del 2008 e potrebbe facilmente tornare a quel livello.

C’è un altro precedente. La crisi del 1973, quando il prezzo del petrolio salì vertiginosamente, può ripetersi sebbene abbia dimostrato che i guadagni a breve termine derivanti dal taglio delle scorte sono superati dai costi a lungo termine?

La risposta è probabilmente no. Dagli anni '70 il contesto è mutato. Oggi la produzione saudita conta, ma non quanto nel recente passato, in seguito all’incremento rilevato in Russia e Stati Uniti. E le economie sviluppate hanno anche meno bisogno di petrolio rispetto al passato. Questo è il risultato del passaggio dalla manifattura ai servizi e di una maggiore efficienza energetica dell’industria.

Cosa ancora più importante è che le due scosse petrolifere degli anni '70 – 1973-74 e 1979-80 - furono entrambe seguite da profonde recessioni, che fecero a loro volta crollare il prezzo del greggio. È per questo che negli anni ’80 i paesi importatori, resisi conto della loro vulnerabilità, iniziarono a diversificare puntando su gas naturale e nucleare. Oggi, invece, i maggiori beneficiari sarebbero i produttori di energia eolica e solare. Il costo unitario delle rinnovabili è già diminuito drasticamente in seguito ai progressi tecnologici.

Mentre l'occidente sta cercando di diventare meno dipendente dal petrolio, è vero il contrario per l'Arabia Saudita che, secondo le stime dell'Fmi, avrebbe bisogno di un prezzo di 85-87 dollari per tenere in equilibrio il bilancio pubblico. La dipendenza del paese dai ricavi petroliferi è stata palesata tra il 2014 e il 2016, quando il prezzo è crollato da 110 dollari a 30. In quel periodo, il disavanzo del bilancio saudita è aumentato dal 3,5% al 15,8% del Pil. Quindi, l’Arabia Saudita - dove il 50% della popolazione ha meno di 25 anni e il tasso di disoccupazione è superiore al 12% - non può permettersi di innescare una crisi nelle economie avanzate, che determinerebbe una drastica riduzione del prezzo.

Senza considerare che i paesi occidentali potrebbero tagliare la fornitura di apparecchiature militari. Ma come dice Trump "se non vendiamo armi ai sauditi, qualcun altro lo farà". E si tratta di contratti così "pesanti" da indurre, normalmente, i governi a chiudere un occhio. Per questo è probabile che, così come non è stato visto il bombardamento di civili nello Yemen, la stessa logica si applicherà alla morte di Khashoggi.

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