La vera rivoluzione fiscale? Sarebbe spostare il carico dal lavoro al consumo

Da un confronto tra il sistema fiscale del nostro paese e quello francese emerge che entrambi portano all’indebolimento dell’economia. La produzione e l’occupazione sono le prime vittime di un fisco che si concentra sul lavoro.

La vera rivoluzione fiscale? Spostare il carico dal lavoro al consumo

I sistemi tributari francese e italiano possono sembrare molto diversi. Ma uno sguardo più attento rivela che i loro difetti si riflettono a vicenda. Entrambi tassano molto poco il consumo e si concentrano sulle attività produttive, attraverso canali diversi: i redditi da lavoro dipendente in Italia (l’Irpef), i salari lordi in Francia (la tassazione delle imprese). In ambedue i casi ne deriva una progressiva deformazione dell’apparato produttivo, con un indebolimento dei settori che utilizzano maggiormente il lavoro dipendente. Le conseguenze sono le stesse: bassa crescita ed entrate fiscali la cui base continua a ridursi.

I due modelli di fiscalità mostrano sorprendenti convergenze. Innanzitutto si concentrano su una parte significativa delle attività produttive, il lavoro dipendente. Nel complesso, il sistema fiscale e previdenziale francese è caratterizzato da una forte pressione sulle imprese, ma anche e soprattutto da un eccesso del prelievo sulla massa salariale, a causa dei tributi basati sui salari lordi. Mentre l’Italia non tassa le sue aziende come la Francia, ma tassa pesantemente i redditi dei dipendenti e assimilati (ovvero l’84% della base imponibile). Lo fa soprattutto attraverso l’Irpef.

Da parte francese, c’è quindi una sovra-tassazione della massa salariale che pesa sulle imprese. Sul fronte italiano, c’è un’eccessiva tassazione del reddito dei dipendenti. In entrambi i casi è il lavoro dipendente svolto nel contesto di un’impresa, e non il lavoro autonomo, a essere preso specificamente di mira dal sistema tributario. Ma non è tutto.

L’Italia è solo al 25° posto in Europa per la tassazione dei consumi. È un altro punto comune, poiché anche la Francia tassa poco i suoi consumatori. L’aliquota Iva standard in Francia è del 20%, ma la presenza di molte aliquote ridotte ne riduce fortemente il gettito. L’aliquota media effettiva dell’Iva è molto più bassa in Francia – come in Italia – rispetto a Germania o Danimarca. Così emerge in entrambi i paesi lo stesso equilibrio, con un carico fiscale che pesa poco sul consumo e molto sul lavoro salariato.

Le scelte fiscali implicano evidentemente delle conseguenze. In entrambi i paesi portano a varie forme di evasione fiscale, che contribuiscono a distorcere il sistema produttivo e a indebolire il suo nucleo, il tessuto industriale. In sostanza, le politiche sulla tassazione di Francia e Italia stanno portando a un parallelo indebolimento dell’economia. La produzione e l’occupazione industriale sembrano essere le prime vittime di un sistema fiscale che si concentra sul lavoro salariato. Il lavoro nero italiano e le delocalizzazioni francesi raccontano due storie differenti ma che hanno quindi una comune causa.

Cosa fare? La via da seguire ci viene indicata dai nostri vicini europei, alcuni dei quali hanno vissuto gli stessi problemi decenni fa. Già negli anni ‘80, alcuni paesi del Nord Europa, come la Danimarca, hanno sviluppato strategie basate sul riequilibrio del sistema fiscale, spostandolo dal lavoro al consumo. I risultati parlano da soli: tutti questi paesi sono ora più ricchi di noi (in termini di Pil pro-capite), hanno conti in equilibrio (sia per quanto riguarda il bilancio pubblico che la bilancia dei pagamenti) e soprattutto al loro interno registrano un maggior consenso sul sistema tributario. Cosa aspettiamo?

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