Il Mes esiste dal 2012 e l’Italia è il terzo contributore

L’idea di mettere il veto al nuovo patto di Stabilità è stata accantonata perché troppo rischiosa per un Paese che deve continuamente reperire risorse sul mercato finanziario per le quali già paga salati interessi. Dire «no» al Mes invece nell’immediato non comporta rischi. Ma attenzione: chi di Mes ferisce, di Mes perisce (?)

Il Mes esiste dal 2012 e l’Italia è il terzo contributore

Giovedì 21 dicembre la Camera dei deputati ha votato contro la ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), rendendo l’Italia l’unico paese a non averlo ancora ratificato. Il Mes è un’istituzione intergovernativa nata nel 2012 con la funzione di prestare assistenza agli stati dell’Eurozona in difficoltà economica.

La sua dotazione complessiva è di oltre 80 miliardi di euro, che sono stati versati dagli Stati aderenti all’Eurozona, in proporzione alla loro popolazione e al prodotto interno lordo domestico, e che possono essere prestati agli Stati stessi in caso di difficoltà. Questi 80 miliardi di euro sono solo una parte del capitale sottoscritto, che ammonta a poco più di 700 mld ma che non è ancora stato interamente versato. 

Secondo l’ultimo report del Mes, al 31 dicembre 2022 la Germania era il primo contributore con 21,67 mld di capitale versato, per una quota del 26,9 per cento del totale. A seguire c’era la Francia, con una quota del 20,2 per cento e capitale versato di 16,27 mld. L’Italia, invece, era il terzo contributore, con capitale versato di circa 14,3 mld (quota del 17,75 per cento).

In sintesi, il Mes esiste da tempo e l’Italia aderisce già allo strumento; dunque, se la riforma non è peggiorativa rispetto alla versione attuale, appare autolesionistico non approvarla. Ma come alcuni retroscenisti evidenziano, la decisione di dire ‘no’ al Mes risponde a motivazioni politiche che poco o nulla hanno a che vedere con la bontà o meno dello strumento.

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