Le due sfide di Meloni: con l’Ue e con i partner di coalizione

Le elezioni italiane cambiano gli equilibri politici europei. Alcuni elementi lasciano ipotizzare che Meloni sposerà un atteggiamento improntato alla cautela, cercando di dimostrare di essere capace e abile nel ruolo di premier ancora prima di essere riconosciuta come una persona coerente. Quella è forse la sua vera scommessa personale.

Le due sfide di Meloni: con l’Ue e con i partner di coalizio

La vittoria netta della coalizione di centro-destra, trainata dal successo di Fratelli d’Italia, alle elezioni politiche in Italia modifica gli equilibri politici sul continente. Il partito che Giorgia Meloni ha portato da meno del 5% al 26% è descritto nei paesi europei a volte come partito “postfascista”, altre come “ultraconservatore”, altre ancora come “populista”.

È significativo che il primo messaggio di congratulazioni per Meloni sia arrivato da Viktor Orbán, primo ministro ungherese in guerra aperta con Bruxelles sulle questioni dello stato di diritto. Poi sono arrivati i complimenti di altri sovranisti europei: Marine Le Pen (Ressemblement National), Eric Zemmour (leader del partito di ultra destra francese Reconquete), e Santiago Abascal (a capo del partito spagnolo di estrema destra, Vox). In ogni caso, anche se le idee di Meloni sul futuro dell’Europa sono più vicine a quelle di Orbán, Le Pen, Zemmour e Abascal piuttosto che a quelle, ad esempio, di Emmanuel Macron, la (scontata) nuova presidente del consiglio agirà probabilmente con prudenza.

A cominciare dai fondi europei. Duramente colpita dalla pandemia, l’Italia ha ottenuto la fetta più grossa del piano di rilancio europeo, circa 200 miliardi di euro. Di sicuro Meloni non vorrà mettere in pericolo questa manna e dovrà affrontare due sfide: quella della relazione con l’Ue (ma il margine è ristretto anche per quanto detto in merito al Recovery Plan) e quella dei rapporti con i partner di coalizione, che non si annunciano lisci come l’olio.

La guerra in Ucraina sarà un test importante per la coalizione di centro-destra. Mentre Meloni ha sostenuto con convinzione l’Ucraina (anche con la fornitura di armi), i suoi due alleati, Salvini e Berlusconi, evidenziano un dichiarato atteggiamento filorusso. Ma è soprattutto sul futuro dell’Ue che Meloni potrebbe ritrovarsi a giocare un ruolo chiave, destabilizzando una situazione perlopiù dominata fino ad ora dal placido Partito popolare. Un primo ministro di destra in Italia, paese fondatore dell’Unione, costituisce una sfida inedita per un’Europa alle prese con una guerra alle sue porte, con una crisi economica incombente e con la definizione del suo ruolo nel nuovo mondo.

Alcuni elementi lasciano, tuttavia, ipotizzare che Meloni sposerà un atteggiamento improntato alla cautela, cercando di dimostrare di essere capace e abile nel ruolo di premier ancora prima di essere riconosciuta come una persona coerente. Quella è forse la sua vera scommessa personale: per riuscirci dovrà tirare fuori virtù finora tenute nascoste, a partire dalla capacità negoziale soprattutto in ambito europeo. Evitando, se possibile, uscite alla ‘Orban’. Un’opzione che rischierebbe probabilmente di mettere una fine anticipata alla sua carriera politica, rischiando di finire sotto il tiro del fuoco amico. A meno che alcuni paesi europei chiave non virino anche loro a destra. Ma occorre considerare che Germania e Francia sono andate al voto nel corso degli ultimi 12 mesi.

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