
L’attuale legge sulla cittadinanza risale al 1992, quando l’Italia era ancora più paese di emigrazione che di immigrazione. Al centro, lo ius sanguinis: è italiano chi nasce da almeno un genitore italiano. Lo ius soli resta marginale e vincolato a condizioni molto restrittive.
Cosa prevede il referendum sulla cittadinanza
L’8 e 9 giugno si voterà (anche) per ridurre da dieci a cinque anni la residenza necessaria per ottenere la cittadinanza italiana, ma solo per i cittadini extra-Ue. Per i cittadini Ue resta invariato il requisito dei quattro anni. La procedura, però, rimane invariata: servono comunque circa tre anni per completarla.
Quanti potrebbero beneficiarne?
Secondo i dati più recenti, oltre 1,7 milioni di adulti non comunitari residenti in Italia da almeno cinque anni potrebbero rientrare nella nuova soglia. Ma l’acquisizione non sarebbe automatica: si tratta solo di ampliare il bacino dei potenziali richiedenti.
Effetti su giovani e seconde generazioni
Il sì al referendum potrebbe favorire indirettamente anche i figli di stranieri nati in Italia. Se i genitori acquisiscono la cittadinanza in tempi più brevi, cresce la possibilità di trasmetterla ai figli prima che diventino maggiorenni, scavalcando così l’attuale burocrazia legata allo ius soli.
L’Italia verso l’Europa?
Con l’eventuale riforma, l’Italia si allineerebbe maggiormente ad altri paesi europei. In Francia e Germania servono cinque anni per ottenere la cittadinanza, spesso con requisiti legati a lavoro, reddito e lingua. La Spagna prevede dieci anni, ma solo due per i cittadini latinoamericani.
Un cambiamento non solo simbolico
L’approvazione della riforma segnerebbe una svolta per l’inclusione e la modernizzazione della normativa italiana, oggi tra le più rigide in Europa. Un passo atteso da anni, che potrebbe finalmente rispondere a una società che è cambiata, e che chiede leggi più vicine alla realtà.