Gli Stati Uniti hanno capito che la riforma dell’Onu è inevitabile

Washington lavora alla riforma delle Nazioni Unite con l’obiettivo ufficiale di rispondere alla crescente frustrazione per l'incapacità del Consiglio di sicurezza di fermare i conflitti globali, e in particolare la guerra in Ucraina. E con l’obiettivo, non dichiarato, di provare a restare la guida del mondo.

Gli Stati Uniti hanno capito che la riforma dell’Onu è inevitabile

L’amministrazione Biden starebbe lavorando a un progetto per l’allargamento del Consiglio di sicurezza dell’Onu, per includere sei grandi paesi emergenti. Anche se per il momento la riforma ha poche possibilità di successo, serve a mostrare la buona volontà in un contesto in cui questi paesi, dal Brasile al Sudafrica, stanno cedendo alle sirene antioccidentali di Mosca e Pechino.

Linda Thomas-Greenfield, inviata del presidente Biden alle Nazioni Unite, si sta consultando con i rappresentanti diplomatici dei 193 Stati membri dell’organizzazione per sollecitare l’espansione del potente Consiglio di sicurezza in vista dell'incontro annuale dei leader mondiali a New York il prossimo autunno.

La proposta degli Stati Uniti, che dovrebbe includere l’aggiunta di circa una mezza dozzina di seggi permanenti al Consiglio senza concedere a quelle nazioni il potere di veto, riflette il desiderio di Biden di riconoscere il crescente peso del mondo in via di sviluppo e di affrontare la diffusa frustrazione tra gli attuali membri del Consiglio collegata alla loro incapacità di fermare i conflitti globali, in particolare la guerra in Ucraina.

Dalla creazione delle Nazioni Unite in seguito alla Seconda guerra mondiale, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Cina e Unione Sovietica – e in seguito Russia – hanno esercitato il potere di veto su questioni di guerra e pace nelle vesti dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza.

Il potere del Consiglio di Sicurezza risiede nella sua capacità di approvare risoluzioni vincolanti, a differenza di quelle approvate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Oltre ai cinque seggi permanenti, il consiglio comprende anche 10 membri non permanenti eletti per un mandato di due anni.

I principali Stati in via di sviluppo, tra cui Brasile e India, hanno a lungo cercato invano di apportare modifiche al Consiglio perché, sostengono, non riesce a rappresentare le opinioni e gli interessi del Sud globale, ovvero Africa, Asia e America Latina.

Se da un lato l’amministrazione Biden non ha ancora presentato una proposta specifica di riforma, dall’altro Washington avrebbe già dato il suo ok all’aggiunta di Germania, Giappone e India come membri permanenti. A questa lista, secondo Francia e Gran Bretagna, occorre aggiungere il Brasile e almeno una nazione africana.

A ciò si aggiunga che, mentre Biden si vanta di aver costruito una coalizione occidentale che ha imposto sanzioni alla Russia e incanalato armi in Ucraina, alcune nazioni, tra cui Brasile, India e Sud Africa, hanno mantenuto legami economici e-o militari con Mosca, e molti Paesi in via di sviluppo minori per dimensioni sono rimasti in disparte.

C’è dunque un ampio consenso sul fatto che il Consiglio di Sicurezza debba essere cambiato, ma c’è un forte disaccordo sul come modificarlo. D’altronde, fin dalla sua istituzione, il Consiglio è stato modificato solo una volta, quando quattro seggi non permanenti sono stati aggiunti nel 1960.

In ogni caso, qualsiasi aggiornamento richiederebbe l’approvazione di almeno 128 dei 193 Stati membri e, poiché comporterebbe modifiche alla Carta delle Nazioni Unite, sarebbe necessaria la ratifica da parte di tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza.

Di sicuro, c’è un problema di sottorappresentanza di una fetta importante del mondo. Se l’Onu, il più importante ad oggi organismo di governo internazionale, non vuole scendere dal podio e ritrovarsi a dover condividere la gestione del mondo insieme ad altri, ad esempio il formato BRICS (Brasile, Russia, India Cina, Sud Africa), dovrà riformarsi rapidamente.

E ascoltare. Ad esempio, i Paesi africani, che costituiscono quasi il 30 per cento dei membri delle Nazioni Unite, hanno chiesto due seggi permanenti con diritto di veto. Sembra una richiesta ragionevole. Eppure, sarebbe già un miracolo se il mondo ricco concedesse un seggio al Continente nero.

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