
Colpo di scena al Palazzo di Vetro di New York (Nazioni Unite): la risoluzione USA sul piano di pace per Gaza passa al Consiglio di Sicurezza con 13 voti favorevoli e le sole astensioni di Cina e Russia. Il testo approva il progetto promosso da Donald Trump, autorizza una forza internazionale di stabilizzazione e dà il via alla fase più delicata del processo, quella che include la smilitarizzazione di Hamas. L’ambasciatore Usa all’Onu, Mike Waltz, non ha usato mezzi termini: “Una decisione storica”.
Trump: “Momento di portata storica”
Il presidente statunitense ha celebrato l’approvazione su Truth Social con toni trionfalistici: “Una delle più grandi approvazioni della storia delle Nazioni Unite”. Trump ha ringraziato uno per uno i Paesi favorevoli, dagli Stati membri del Consiglio fino agli attori regionali – come Qatar, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Turchia, Indonesia e Giordania – che hanno sostenuto l’iniziativa diplomatica.
Come è stata sbloccata la votazione
La partita era complessa: Mosca aveva presentato una bozza alternativa che non prevedeva né la smilitarizzazione di Gaza né un ruolo centrale degli USA nella gestione transitoria dell’enclave. Una linea condivisa anche da Cina e Algeria. A ribaltare la situazione è stata la posizione dell’Autorità Palestinese, che – insieme ai principali Paesi arabo-musulmani – ha spinto per una rapida approvazione del testo americano.
La risoluzione è stata rivista per rendere possibile l’astensione di Russia e Cina: il Board of Peace, presieduto da Trump, sarà aperto a tutti gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza; il testo indica che “le condizioni potrebbero finalmente essere mature” per un percorso credibile verso l’autodeterminazione palestinese; la forza di stabilizzazione resterà a guida prevalentemente musulmana e sarà incaricata di gestire il processo di disarmo di Hamas.
Le reazioni: tra aperture e rifiuti
Le critiche più dure sono arrivate da Hamas, che definisce la risoluzione “un passo pericoloso verso una tutela straniera” e respinge ogni riferimento al disarmo.
Dall’altra parte, il premier israeliano Benyamin Netanyahu, pressato dall’ala radicale del suo governo, ribadisce che Israele resta contrario a uno Stato palestinese e che la smilitarizzazione di Gaza avverrà “con le buone o con le cattive”.
Tensione in aumento sul terreno
Mentre la diplomazia avanza, la realtà sul campo resta incandescente. In Cisgiordania la polizia israeliana ha affrontato violente proteste dei coloni contro l’evacuazione dell’avamposto illegale di Tzur Misgavi. Diversi agenti sono rimasti feriti e numerosi veicoli sono stati incendiati. Scontri anche vicino a Betlemme, a Jaba’a, dove sono andati a fuoco case e auto.
E adesso cosa succede?
Con la risoluzione approvata, può partire la fase due del piano americano: proroga della tregua; nuovi scambi di prigionieri; ridispiegamento parziale dell’esercito israeliano; avvio dell’amministrazione transitoria guidata dal Board of Peace; ingresso della forza internazionale di stabilizzazione.


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