
L’inasprimento dei dazi da parte di Donald Trump potrebbe avere un effetto collaterale inatteso per Washington: rafforzare l’asse tra Brasile, India, Cina e Russia. Nella nuova ondata di protezionismo americano, Delhi e Brasilia sono tra i Paesi più penalizzati, con tariffe doganali raddoppiate fino al 50%. Un trattamento decisamente meno favorevole rispetto a quello riservato a Unione europea, Giappone e Corea del Sud, che hanno strappato accordi per fermarsi al 15%.
Brasile: Lula sfrutta la mossa di Trump
Il caso brasiliano si intreccia con la politica interna. Dalla Casa Bianca arrivano critiche per la gestione giudiziaria dell’ex presidente Bolsonaro, amico e alleato di Trump. Una presa di posizione che offre a Lula l’occasione di presentarsi come difensore della sovranità nazionale. I dazi colpiscono solo un terzo delle esportazioni verso gli Stati Uniti, ma il danno politico è fatto. Lula, già vicino a Pechino, da tempo sostiene la necessità di abbandonare il dollaro nelle transazioni internazionali e ha avviato accordi per usare il renminbi cinese nel commercio con la Cina.
India: il gelo con Washington
Ancora più rilevante è il raffreddamento nei rapporti tra Trump e Narendra Modi. L’India, membro del club Brics ma anche partner strategico degli USA nel Quad (con Giappone e Australia), si sente tradita. Il casus belli nasce dal rifiuto di Delhi di applicare le sanzioni contro il petrolio russo, continuando ad acquistarlo in grandi quantità. Da qui la decisione di Trump di raddoppiare i dazi. Una mossa che mette a rischio la strategia americana di “friendly-shoring” — lo spostamento di investimenti dalla Cina verso Paesi considerati affidabili — e la posizione dell’India come alternativa industriale a Pechino.
Cina: opportunità e minacce
Intanto la Cina approfitta del momento per riversare le sue eccedenze di produzione nei mercati extra-USA. A luglio le esportazioni globali di Pechino sono cresciute del 7,2%, mentre quelle verso Washington sono crollate di oltre il 20%. Un trend che preoccupa sia Modi sia Lula, entrambi già impegnati a proteggere i propri mercati dal “made in China” con dazi mirati.
Un’alleanza fragile
Nonostante l’apparente convergenza, le tensioni interne restano: rivalità storiche, interessi divergenti e competizione commerciale rendono per ora difficile immaginare un fronte Brics realmente compatto contro gli Stati Uniti. Ma un fatto è certo: la politica dei superdazi sta ridisegnando le mappe della geopolitica economica.