Privatizzazioni, il Tesoro fa cassa e vende il 2,8% dell’Eni

Il Mef scende sotto il 2% ma insieme a Cdp il controllo pubblico resta appena sopra il 30%

Privatizzazioni, il Tesoro fa cassa e vende il 2,8% dell’Eni
La sede Eni a Roma-Eur

Il Tesoro fa un altro passo in direzione delle privatizzazioni, mettendo sul mercato una quota di una delle principali società quotate di cui ha il controllo: l’Eni.

A mercati chiusi, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato il 15 maggio di aver avviato una procedura accelerata di raccolta ordini – il cosiddetto Accelerated Book Building – per cedere 91,97 milioni di azioni ordinarie del Cane a sei zampe.

Si tratta del 2,8% del capitale, che ai prezzi attuali di mercato rappresentano un controvalore di quasi 1,4 miliardi.

L’operazione è stata condotta attraverso un consorzio di banche costituito da Goldman Sachs International, Jefferies e UBS Europe, “con l’obiettivo di promuovere il collocamento delle azioni presso investitori qualificati in Italia e investitori istituzionali esteri”.

Il Tesoro si è impegnato con gli istituti a non vendere sul mercato ulteriori azioni della Società per un periodo di 90 giorni, senza il consenso del consorzio di banche e salvo esenzioni, come da prassi di mercato.

Ad oggi (senza conteggiare la cessione del 2,8%) il Tesoro ha il 4,797% dell’Eni, ma la controllata Cassa Depositi e Prestiti ha il 28,5%. Il governo, nella Nadef, si è dato un obiettivo di privatizzazioni al 2026 per l’1% del Pil, circa 20 miliardi.

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