Il mondo va verso una netta riduzione della popolazione globale entro la fine del secolo. Nuove evidenze a supporto di tale scenario giungono ora dal Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study, esteso programma di ricerca internazionale guidato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università del Washington.
Entro il 2100 ben 198 Paesi del mondo su 204 (ovvero il 97 per cento) vedranno diminuire la propria popolazione a causa di tassi di fertilità inferiori al livello di sostituzione di 2,1 figli per donna.
In realtà il tasso di fertilità globale sta riducendosi notevolmente da tempo, essendo passato dai circa 5 figli per donna del 1950 ai 2,2 del 2021. Non c’è dunque da meravigliarsi nell’apprendere che la situazione sarà piuttosto critica già nel 2050, quando a non raggiungere il suddetto target saranno ben 155 Stati (il 76 per cento del totale, dunque più di tre su quattro).
Caso emblematico della dinamica in atto proprio quello dell’Italia, dove il livello di sostituzione è stato toccato per l’ultima volta nel lontano 1976 e, andando avanti di questo passo, presenterà un tasso di fertilità di 1,18 nel 2050 e di 1,09 nel 2100.
C’è poi il caso africano. Mentre nel 2021 il 29 per cento dei bambini del mondo è nato nell’area sub-sahariana, entro il 2100 questa percentuale aumenterà fino a oltre la metà (54 per cento).
Dati che sono destinati a riconfigurare l’economia globale e gli equilibri di potere a livello internazionale.
.png?box=317x238c)
La voce di quoted
Perché una popolazione per riprodursi ha bisogno di un tasso di fecondità totale non inferiore a 2,1 figli per donna e non 2? La risposta è correlata al fatto che nascono più uomini che donne (circa 107 uomini ogni 100 donne), sebbene il genere femminile sopravviva più a lungo rispetto a quello maschile. Di qui, la necessità di addizionare quel decimale in più al tasso di fecondità totale.