“Dazi per salvare il pianeta”: la ricetta di Thomas Piketty contro la religione del libero scambio

L’economista francese avverte: se l’Europa non cambia rotta e continua a credere nel dogma del libero mercato, rischia un disastro sociale e industriale. E il clima non ne trarrà alcun beneficio.

La ricetta di Thomas Piketty contro la religione del libero scambio
Thomas Piketty

Thomas Piketty lancia un avvertimento che suona come una condanna: “Se Bruxelles non abbandonerà la sua religione del libero scambio, andrà incontro a un disastro industriale e sociale senza precedenti.”

Secondo l’economista, l’Europa — e gran parte del mondo occidentale — sta affrontando le conseguenze di una dottrina commerciale obsoleta, costruita in nome di un libero mercato che oggi non protegge né l’economia né l’ambiente.

Trump, i dazi e la lezione che l’Europa non ha imparato

Mentre Donald Trump impone dazi secondo logiche nazionaliste e umorali, Piketty propone l’esatto contrario: una politica doganale razionale e universale, basata su criteri ambientali e sociali, non sulla paura o sul protezionismo cieco.

“I dazi devono essere stabiliti su principi prevedibili e giusti — non sugli sbalzi d’umore di un leader.” L’idea è semplice: far pagare il costo reale dell’inquinamento generato dal trasporto internazionale delle merci.

Il trasporto globale inquina (più di quanto pensiamo)

Il commercio mondiale è responsabile del 7% delle emissioni globali di CO, ma questo costo ambientale è stato a lungo sottovalutato. Gli economisti, spiega Piketty, hanno stimato per anni il valore di una tonnellata di carbonio tra 100 e 200 euro. Oggi, con il peggioramento del riscaldamento globale, quel costo reale sarebbe dieci volte superiore, intorno ai 1.000 euro per tonnellata. Tradotto in pratica: un dazio medio del 15% sulle merci globali sarebbe necessario solo per compensare il danno ambientale dei trasporti.

Il dumping che distrugge concorrenza e clima

Non si tratta solo di emissioni, ma anche di dumping sociale, fiscale e ambientale. Alcuni Paesi — primo fra tutti la Cina, responsabile del 30% delle emissioni globali — producono a costi più bassi grazie a standard ambientali più deboli. Secondo Piketty, per compensare l’impatto climatico delle esportazioni cinesi, i dazi dovrebbero raggiungere l’80% sul valore delle merci.

Verso una nuova dottrina economica globale

Per l’economista francese, la strada è chiara: legare commercio e sostenibilità. Non si tratta di chiudere i mercati, ma di ridefinire la globalizzazione su basi giuste, trasparenti e ambientali. “Non possiamo salvare il pianeta continuando a fingere che il libero scambio sia neutrale. È tempo di far pagare a chi inquina il costo reale delle sue scelte.”

Il messaggio a Bruxelles

L’appello di Piketty all’Europa è politico, prima ancora che economico: abbandonare il dogma del libero scambio e guidare una transizione verso dazi climatici e sociali. Solo così, sostiene, l’Unione potrà difendere industria, occupazione e pianeta allo stesso tempo — senza rimanere schiacciata tra Stati Uniti e Cina.

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