L’attuale modello economico è come il cinico di Oscar Wilde, che conosce il prezzo di tutto e il valore di nulla

Numerosi elementi ci dicono che la nostra ossessione per il Pil sta facendo deragliare lo sviluppo economico nella maggior parte dei paesi del mondo. Eppure continuiamo a confondere prezzo e valore, premiando una crescita che è resa possibile dalla distruzione dell’ambiente e dall’aumento delle diseguaglianze, trascurando ciò che ha veramente valore, ovvero la salute umana e del pianeta.

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Presi per il PIL

Occorre precisare che il Pil resta un indicatore macroeconomico importante e soprattutto che fino a quando gli uffici statistici nazionali, le organizzazioni domestiche e internazionali, e la ricerca scientifica non avvieranno l’inclusione di nuovi indicatori nelle loro analisi e studi, anche altri attori in gioco (come ad esempio i media) non potranno far altro che continuare ad affidarsi (quasi) esclusivamente al Pil per rappresentare le dinamiche statistiche dell’economia.
L’attuale modello economico è come il cinico di Oscar Wilde

“Nella nostra economia, la varietà e complessità dei valori è schiacciata su un’unica unità di misura, il prezzo. Ciò che ha valore richiede un prezzo più alto; ciò che richiede un prezzo più alto è considerato di maggior valore – questa è la narrazione condivisa”. In pratica, l’attuale modello economico è come il cinico di Oscar Wilde, che “conosce il prezzo di tutto, e il valore di nulla”. Inaspettatamente queste parole sono contenute nel rapporto “Consiglio sull’economia della salute per tutti” dell’Organizzazione mondiale della sanità.

Il rapporto, pubblicato a marzo 2022, si concentra sui valori che dovranno indirizzare la politica e l’economia in vista di questo obiettivo. Garantire la “Salute per tutti” significa raggiungere una condizione in cui salute e benessere siano realmente accessibili ad ogni membro della comunità globale. Per far sì che un simile scopo venga realizzato, tre devono essere i valori verso cui orientare ogni scelta individuale e collettiva.

1 Salute del pianeta: preservare alcuni fondamentali beni e servizi ecosistemici (acqua e aria pulita, un clima stabile, ecosistemi sani) e non oltrepassare i confini planetari.

2 Diversità e inclusione sociale: lavorare per incrementare la coesione sociale, ridurre i fattori che causano disuguaglianze, dare valore agli elementi di diversità.

3 Salute e benessere umani: garantire che ogni persona sia posta nelle migliori condizioni per prosperare dal punto di vista fisico, mentale ed emotivo.

Il primo passo di questo cambiamento di paradigma deve riguardare i valori fondanti del nostro sistema economico. “Confondere prezzo e valore e perseguire una crescita economica infinita” rende impossibile, infatti, comprendere quali sono gli elementi veramente necessari per far sì che la “salute per tutti” divenga realtà. In effetti, il sistema economico attualmente dominante è affetto da una “ossessione patologica per il Pil”, ritenuto l’unica misura del progresso, che tuttavia contiene in sé una ineliminabile perversione: premia una crescita che è resa possibile dalla distruzione dell’ambiente e dall’aumento delle diseguaglianze, trascurando completamente ciò che ha veramente valore – ciò che, in altri termini, contribuirebbe a tutelare la salute umana e del pianeta.

Invece, per ora, tutto o quasi all’incontrario va. Solo nel 2020 – denuncia il Consiglio – il Pil globale è cresciuto di 2,2 miliardi di miliardi di dollari ‘grazie’ all’aumento delle spese militari, mentre soltanto una piccola parte di questa immensa somma di denaro (circa 50 miliardi di dollari) sarebbe stata sufficiente per garantire la copertura vaccinale contro il Covid-19 all’intera popolazione mondiale. Tali dati mostrano chiaramente come la “salute per tutti” non sia certo in cima alla lista delle priorità della maggior parte dei governi: “Se così non fosse – sottolineano gli autori del Rapporto – i governi non avrebbero destinato alle spese militari investimenti 40 volte più ampi di quelli necessari per la salute”.

Eppure, questa tendenza negativa non è universale. Alcuni Paesi stanno iniziando ad applicare su scala nazionale altri sistemi di misurazione del benessere e del progresso della società. Tra questi, la Finlandia, ad esempio, ha sostituito il PIL con il Gpi (Genuine progress indicator), che misura il progresso in termini di sostenibilità e valuta negativamente le attività che generano profitto a spese della giustizia sociale o ambientali. Come era prevedibile, il disaccoppiamento tra Pil e indicatori come il Gpi è evidente: laddove uno cresce, l’altro diminuisce. Laddove ce ne fosse ancora bisogno, è la conferma empirica di come il Pil sia un mezzo (e non un fine) e il modello economico attuale non riconosca il giusto valore a ciò che sarebbe necessario per garantire il progresso e il benessere collettivo, al di là degli indici monetari e finanziari.

Per virare verso una visione più ‘umana’ dell’economia, dunque, bisogna imparare a dare valore anche ai beni e alle attività a cui non è possibile attribuire un prezzo in termini monetari. L’obiettivo a cui mirare è dunque un mutamento sistemico, che preveda di destinare fondi e investimenti non soltanto a ciò che ha valore sul piano monetario, ma a ciò che contribuisce al progresso e al miglioramento della società. Yes, we can.

Gli ostacoli, tuttavia, non mancano. E in questo caso non si tratta soltanto di multinazionali affamate di fatturato, ma soprattutto delle classi politiche: adottare nuovi indicatori che includano tra gli altri il concetto di sostenibilità scoprirebbero il vaso di Pandora: mentre il Pil è cresciuto negli ultimi decenni, gli indicatori che includono anche la sostenibilità ambientale e sociale mostrano un’inesorabile decrescita a partire dalla seconda metà degli anni ’70.

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