Il debito totale in rapporto al Pil è al 420% negli Usa e al 330% in Cina

Il debito pubblico e privato in rapporto al prodotto interno lordo è passato a livello mondiale dal 200% nel 1999 al 350% nel 2021. L’economia globale va incontro a un “crollo inevitabile”? Secondo Nouriel Roubini, la madre di tutte le crisi economiche incombe e i policymaker possono fare ben poco per evitarla

Il debito totale in rapporto al Pil è al 420% negli Usa e al 330% in Cina

‘The Unavoidable Crash’. Il mondo globalizzato si troverà ad affrontare un “crollo inevitabile” da qui a pochi mesi che nemmeno le banche centrali saranno in grado di contrastare. È lo scenario disegnato da Nouriel Roubini, attualmente professore emerito di economia presso la Stern School of Business della New York University. Ecco i principali passaggi del suo ragionamento.

Dopo anni di politiche fiscali, monetarie e creditizie ultra-allentate e il venir fuori di importanti shock negativi dell’offerta, la stagflazione (l’associazione di bassa crescita e alta inflazione) sta ora mettendo sotto pressione un’enorme montagna di debito pubblico e privato. A livello globale, il debito totale del settore pubblico e privato in rapporto al Pil è passato dal 200% nel 1999 al 350% nel 2021. Nelle economie avanzate si attesta ora al 420% (così come negli Usa) e al 330% in Cina.

Una crescita alimentata dai tassi bassi che hanno tenuto in piedi quelli che Roubini definisce “zombie insolventi” come famiglie, società, banche, governi e persino interi Paesi durante la crisi del 2008 e nel biennio del Covid. Ma ora l’inflazione, alimentata dalle stesse politiche fiscali, monetarie e creditizie iper-espansionistiche, ha costretto le banche centrali ad aumentare i tassi di interesse, e gli “zombie” stanno subendo un forte aumento dei costi di servizio del debito.

Allo stesso tempo, l’inflazione sta erodendo il reddito reale delle famiglie e riducendo il valore dei loro beni, come immobili e asset finanziari. Lo stesso discorso vale per le imprese, le istituzioni finanziarie e i governi: si trovano ad affrontare contemporaneamente un forte aumento dei costi di finanziamento, una diminuzione dei redditi e dei ricavi e un calo del valore degli asset.

Certo le economie avanzate che contraggono prestiti nella propria valuta – evidenzia l’economista - possono sfruttare un’inflazione inattesa per ridurre il valore reale di alcuni debiti nominali a lungo termine negoziati a tasso fisso. Inoltre, c’è sempre la possibilità di monetizzare il deficit attraverso le banche centrali, un’operazione che Roubini derubrica alla categoria del “male minore”, precisando che “non si può ingannare tutti i cittadini per tutto il tempo. La madre di tutte le crisi del debito può essere rimandata, non evitata”.

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