Minà: “Cuba non è un gulag tropicale. L’embargo va avanti da 60 anni. Ora basta”

Il giornalista: “Cuba è sopravvissuta sia al fallimento del socialismo reale, sia a quello del neoliberismo reale. Ma se Obama aveva teso una mano all’isola, Trump prima e Biden ora hanno usato e usano la loro politica destabilizzante per strangolare definitivamente questa piccola nazione. Oggi sta davanti agli occhi di tutti il metodo degli ultimi due presidenti: l’aggravamento del blocco economico e l’incitamento ai disordini tramite i social network”.

Minà: “Non è un gulag tropicale. L’embargo va avanti da 60 anni. Ora basta”
Gianni Minà

Il giornalista si concentra sul ruolo degli Usa, anche se sappiamo che la crisi economica di Cuba non deriva tuttavia solamente dalle sanzioni, ma anche dalla politica economica domestica. Non per caso il Governo cubano ha autorizzato l’ingresso temporaneo “senza limiti” nel Paese di generi alimentari, prodotti da bagno e medicinali - merci che scarseggiano nel mercato nazionale - senza il pagamento di tariffe. Tali importazioni saranno consentite fino al 31 dicembre 2021, come ha annunciato in televisione il primo ministro Manuel Marrero dopo le dure proteste scoppiate a Cuba negli ultimi giorni contro la crisi economica. Da parte sua, il ministro dell’Economia Alejandro Gil ha annunciato un miglioramento dei salari statali. 

Di seguito i passaggi principali di un articolo firmato da Gianni Minà.

Sessant’anni e 12 presidenti fa, scattava l’embargo nordamericano a Cuba. Obama, nel dicembre 2014, dichiarò: “Abbiamo fallito, non abbiamo piegato Cuba. È ora di cambiare”. I cubani avevano dimostrato, in tutti questi anni, dopo aggressioni subite, contrarietà e sacrifici, di voler rimanere fedeli ai loro ideali di indipendenza e giustizia sociale, secondo un modello economico socialista.

Cuba non solo non è collassata, ma ha dimostrato come l’embargo economico a un popolo è una delle forme di pressione “diplomatica” tra le più crudeli mai conosciute. Cuba è sopravvissuta sia al fallimento del socialismo reale, sia a quello del neoliberismo reale, le cui storture, la miseria, la violenza sono state risparmiate a questo popolo, nonostante le difficoltà oggettive di chi vive sempre più asserragliato e praticamente alla fame. I cubani in tutto questo tempo hanno dimostrato che non hanno vissuto in un ‘gulag tropicale’ come i media hanno sempre voluto descrivere questa piccola isola in maniera capziosa: non si sopravvive alla crudezza del periodo speciale, con turisti che vanno e vengono, senza un consenso di massa che non è basato sulla repressione.

Né gli Usa hanno mai voluto riconoscere la Rivoluzione e il suo corso storico. La diplomazia nordamericana è costruita anche di termini usati come bastoni: per loro dittatura è tutto ciò che è diverso dalla loro ideologia neoliberale, il concetto guevariano dell’hombre nuevo, dell’uomo al centro, una forma diversa dello Stato e soprattutto il concetto di democrazia e di autodeterminazione sono quasi spazzate via dall’odio verso tutto ciò che “puzza” di comunismo.

Ma se Obama aveva teso una mano a Cuba, Trump prima e Biden ora hanno usato e usano la loro politica destabilizzante per strangolare definitamente questa piccola nazione. Oggi sta davanti agli occhi di tutti il metodo degli ultimi due presidenti: l’aggravamento del blocco economico e l’incitamento ai disordini tramite i social network. Se Obama, nel discorso sullo Stato dell’Unione, affermava l’esigenza di “mettere fine a una strategia che doveva terminare da tempo” chiedendo “la fine di mezzo secolo di politica fallimentare nei riguardi del cortile di casa” oggi, in tempo di pandemia che ha messo in ginocchio tutto il mondo, Trump ha inserito circa 240 restrizioni in più su quella che è la legge più iniqua, dopo la Legge Torricelli, la Legge Helms-Barton. Oggi le 240 misure contro Cuba pesano come una pietra tombale ed hanno l’unico obiettivo di strozzare economicamente il Paese, sovvertire l’ordine interno, creare una situazione di ingovernabilità e rovesciare la Rivoluzione.

Il 23 giugno scorso, l’Onu approva, quasi all’unanimità, la risoluzione per la fine dell’embargo a Cuba, che ha provocato da varie decadi, sofferenze e danni incalcolabili. Unici due astenuti: Stati Uniti e Israele. Obama, nel 2016, aveva scelto l’astensione, ma con Trump prima e ora con Biden, si è ritornati al voto contrario. Stiamo ora assistendo a un Golia che, non contento della sua violenza usata contro chi non può e non vuole rispondere alle provocazioni, blocca le braccia a Davide per colpirlo meglio e di più. È una situazione inaccettabile e pericolosa: oggi tocca a Cuba, domani potrebbe toccare, per interessi di ogni tipo, a qualunque Paese si discosti dal pensiero corale.

In questi ultimi giorni stiamo assistendo, su Cuba, alla tempesta perfetta: un grosso focolaio di covid 19 scoppiato a Matanzas (il governo ha inviato due brigate di 60 medici per alleggerire gli ospedali quasi al collasso); la quotidianità resa sempre più difficile, quasi impossibile per la difficoltà a reperire beni di prima necessità, ma anche per via dei trasporti, diradati perchè la benzina scarseggia da tempo; l’aggressività della disinformazione che parte da Miami e si ingigantisce sui social network, proteste fatte passare per “assalto al regime castrista”, false notizie sull’ipotetico appoggio degli artisti più prestigiosi.

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