
Javier Milei, il presidente ultraliberista argentino, si ritrova con la sua rivoluzione economica appesa a un filo. Dopo i tagli draconiani ai sussidi e al welfare, il peso argentino è di nuovo sotto attacco, gli investitori scappano e il rischio di iperinflazione torna concreto.
La corsa a Trump per una ciambella finanziaria
Con riserve valutarie in rapido esaurimento, Milei è volato a New York per chiedere sostegno al suo alleato e modello Donald Trump. L’obiettivo è un prestito miliardario che fermi la caduta del peso e restituisca fiducia ai mercati. Dal Tesoro Usa sono già arrivate aperture a un “ampio intervento” senza condizioni.
Elezioni di metà mandato, consenso traballante
Il 26 ottobre l’Argentina torna alle urne per le elezioni di metà mandato. Una sconfitta costringerebbe Milei a governare con un Parlamento ostile, indebolito anche dallo scandalo sulla criptovaluta Libra e dalle accuse che hanno colpito la sorella-capo di gabinetto.
Mercati in fuga e peso in caduta
Negli ultimi giorni la Banca centrale argentina ha bruciato miliardi di dollari di riserve per sostenere la valuta, mentre i titoli di Stato sono crollati a livelli “junk”. Una mossa disperata che non può reggere a lungo senza aiuti esterni.
La rivoluzione a rischio
Milei aveva promesso di dollarizzare l’economia e abolire la Banca centrale. Ora, stretto tra la necessità di nuovi dollari e la sfida elettorale, si gioca la sopravvivenza politica. La sua “rivoluzione della motosega” potrebbe trasformarsi in un boomerang.