Un enorme arsenale nascosto in due basi italiane mette a rischio la sicurezza di tutti

Il nucleare di guerra in Italia? Gli avvocati: si tratta di una presenza negata e illegale. In caso di attacco terroristico, gli ordigni nucleari custoditi nei caveau di Ghedi e Aviano potrebbero deflagrare; gli hangar farebbero da camera di scoppio e diffonderebbero una nube tossica su tutto il Nord Est, causando un numero di vittime che potrebbe oscillare tra due e dieci milioni.

Un arsenale nascosto in due basi mette a rischio la sicurezza

Dopo il disastroso incidente avvenuto nella centrale di Chernobyl nel 1986, abbiamo votato a larghissima maggioranza contro la presenza del nucleare civile in Italia, distogliendo lo sguardo dall’evidenza che fin dal 1957 il nostro Paese era utilizzato dagli Stati Uniti per lo schieramento di missili rivolti contro l’Urss e i Paesi dell’Est europeo riuniti nel Patto di Varsavia. Durante la guerra fredda, all’Italia era stato affidato il compito di rispondere a un eventuale attacco contro i Paesi Nato sganciando testate nucleari americane su Praga e Budapest, come affermato dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga in un’intervista del 2005. La potenza di anche una sola testata sarebbe stata sufficiente a radere al suolo le due città.

Il Muro di Berlino è caduto da più di tre decenni, eppure nella base statunitense di Aviano, in Friuli Venezia Giulia, oggi si trovano almeno venti ordigni nucleari trasportabili con caccia F-16; altre venti bombe atomiche destinate ai caccia Tornado del Sesto stormo dell’Aviazione italiana si trovano nell’aeroporto di Ghedi, vicino a Brescia. Le due basi sono sottoposte alla disciplina del segreto di Stato e il governo italiano non ha mai ammesso, ma nemmeno smentito, la presenza di testate nucleari sul nostro territorio. Un labirinto di irrealtà tiene in ostaggio i cittadini del Nord Est, privati persino della gravitas connessa a una situazione la cui enormità è ben spiegata in un’analisi del ministero della Difesa resa nota da Greenpeace nel 2020. Secondo gli autori del documento, in caso di attacco terroristico, gli ordigni nucleari custoditi nei caveau di Ghedi e Aviano potrebbero deflagrare; gli hangar farebbero da camera di scoppio e diffonderebbero una nube tossica su tutto il Nord Est, causando un numero di vittime che potrebbe oscillare tra due e dieci milioni.

Ventidue associazioni pacifiste hanno commissionato un Parere giuridico sulla presenza delle armi nucleari in Italia alla sezione italiana di Ialana, l’Associazione internazionale degli avvocati contro le armi nucleari, con status consultivo presso le Nazioni Unite. Lo studio che ne è risultato – una chiara denuncia dell’illegalità della presenza degli ordigni nucleari sul suolo italiano, in violazione del Trattato di pace del 1947 e del Trattato di Non Proliferazione del 1968, ratificato dal nostro Paese nel 1975, oltre che di varie norme nazionali e internazionali – non nasconde la paradossale difficoltà di ottenere una condanna in via giudiziaria e un conseguente ordine di rimozione delle armi atomiche statunitensi, ma assume una potenzialità che va oltre l’azione giuridica: farci guardare ai vestiti dell’imperatore, per dire che è nudo. I vestiti sono l’insipienza e le convenienze di un potere che sacrifica la sicurezza dei cittadini a un altro concetto di sicurezza; la nudità è la semplice, non nascondibile, presenza in Italia – a 85 chilometri da Milano nel caso di Ghedi, a 95 chilometri da Venezia nel caso di Aviano – di un enorme arsenale atomico.

(sono qui riportati alcuni passaggi di un articolo firmato da Daniela Padoan e pubblicato su Avvenire)

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