
Negli ultimi cinque anni Israele è tra i Paesi più finanziati dall’EIC Accelerator, il programma di Horizon Europe dedicato alle imprese innovative.
Ben 46 startup israeliane hanno ricevuto fondi europei – quasi il doppio delle italiane (27) – per un totale di oltre 396 milioni di euro, contro i 177 destinati all’Italia.
Molte di queste aziende, nate come startup civili, hanno poi stretto accordi diretti con il ministero della Difesa israeliano (IDF).
Droni, supercomputer e crittografia: tecnologie “dual use”
Un esempio emblematico è Xtend, che nel 2020 ha ricevuto 50 mila euro dall’UE per sviluppare un sistema di droni con realtà aumentata. Cinque anni dopo, la stessa azienda ha firmato un contratto con la Difesa israeliana.
Anche LightSolver, finanziata con 12,5 milioni di euro, lavora su supercomputer ottici considerati “fondamentali per la sicurezza nazionale”.
Un’altra beneficiaria, CyberRidge, è guidata da ex ufficiali dell’IDF e sviluppa sistemi di crittografia fotonica potenzialmente impiegabili in campo militare.
Difesa nello spazio e cybersicurezza
Nel 2024 Bruxelles ha destinato 108 milioni di euro a nove startup israeliane, quattro delle quali hanno esplicitamente dichiarato obiettivi legati alla difesa.
Tra queste SpacePharma, che realizza laboratori in miniatura per esperimenti spaziali, e DeepKeep, specializzata nella cyber-difesa dei sistemi di intelligenza artificiale.
Altre aziende, come Raam Technology e Quantum Transistors, producono microchip avanzati per applicazioni quantistiche e aerospaziali.
Bruxelles valuta lo stop, ma i fondi continuano a fluire
Dopo mesi di polemiche, la Commissione europea sta valutando la sospensione di Israele dal programma di finanziamento all’innovazione.
Non si tratterebbe di un’espulsione definitiva, ma di una verifica del rispetto dei criteri etici e della possibilità di richiedere la restituzione dei fondi in caso di violazioni.
Ciononostante, nuovi finanziamenti continuano ad arrivare: a marzo 2025, la startup israeliana RepAir Dac ha ottenuto 13 milioni di euro per progetti di cattura della CO₂.
Una linea sottile tra innovazione e militarizzazione
Il caso solleva un tema centrale: dove finisce la ricerca civile e dove inizia quella militare?
Molte tecnologie sono “dual use”, cioè utilizzabili sia per scopi civili che bellici.
L’UE, che da un lato finanzia l’innovazione, dall’altro rischia di sostenere indirettamente l’industria bellica israeliana. E mentre Bruxelles riflette su un possibile stop, i fondi pubblici europei continuano ad alimentare un ecosistema tech sempre più intrecciato con la difesa.