L’agonia della Striscia rimasta senza elettricità

Entro pochi giorni finirà anche il carburante che alimenta i generatori. Ma come si è arrivati a questo punto?

L’agonia della Striscia rimasta senza elettricità

Sono sempre più drammatiche le notizie e le immagini che arrivano dal piccolo lembo di territorio palestinese, chiuso da ogni punto e sotto un violento bombardamento israeliano. Interi quartieri sono ridotti in macerie. I prossimi giorni si annunciano ancora più duri per la popolazione senza elettricità dopo lo spegnimento dell’unica centrale elettrica di Gaza rimasta senza carburante.

A Gaza non hanno le sirene, le bombe sganciate dai jet da combattimento israeliani cadono all’improvviso sui palazzi, nelle strade, tra gli abitanti che si muovono tra le macerie. I morti palestinesi salgono (a 1200) e continueranno a salire. Tra questi anche nove palestinesi dipendenti dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi palestinesi. Morti anche quattro paramedici, colpiti mentre sulle loro ambulanze cercavano di portare soccorso ai feriti. Gli ospedali operano con i generatori ma non dureranno molto. Nei prossimi giorni si teme possano diffondersi malattie ed epidemie a causa dell’interruzione della corrente elettrica che blocca il pompaggio delle acque reflue.

Il premier israeliano Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Benny Gantz hanno intanto deciso di formare un governo d’emergenza nazionale. In realtà è un gabinetto di guerra ristretto che esisterà con l’unico compito di attaccare Gaza e Hamas che sabato scorso ha fatto 1.200 morti israeliani.

Orrore su orrore in un’escalation di violenza e di morte che in Israele e a Gaza sembra inarrestabile. Ogni eccesso, da qualunque parte, potrebbe essere irreversibile e scatenare un effetto domino dalle conseguenze incontrollabili su ciò che resta dell’ordine geopolitico.

Ma come si è arrivati a questo punto? Ora tutti sanno che la decisione di provare ad estendere gli Accordi di Abramo all’Arabia Saudita è stato un azzardo. La mossa avrebbe dovuto normalizzare i rapporti diplomatici tra Riad e Tel Aviv, come già avvenuto per Emirati Arabi e Bahrain, sotto l’egida degli Stati Uniti. L’errore fatale è stato quello di non coinvolgere, al momento dell’apertura a Riad, anche i palestinesi, i quali si sono sentiti venduti e traditi dai fratelli sauditi per due soldi.

Una delusione che ha indotto i vertici di Hamas a ritenere di non poter più contare sul sostegno del regno di Bin Salman e di doversi guardare attorno in cerca di nuovi potenziali alleati. E così, il gruppo terrorista (di fede sunnita) ha messo da parte la distanza dottrinale che lo separa dall’Iran sciita per cercare il sostegno e il supporto logistico-tecnologico di Teheran. Probabilmente, trovandolo.

Gli Usa, tuttavia, negano che questa notizia sia autentica. Occorre, però, dire che Washington (sebbene Teheran sia uno storico nemico) non vede di buon occhio la crescente contiguità tra Iran, Cina e Russia. In tale contesto, si inserisce anche il ruolo del Qatar (importante fornitore di gas all’Italia) che mantiene i palestinesi di Gaza e finanzia Hamas.

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