
Le elezioni in Repubblica Ceca segnano una svolta politica: il movimento populista Azione del cittadino scontento (Ano) guidato da Andrej Babis conquista il 34,85% dei voti, superando nettamente la coalizione di governo del premier Petr Fiala, ferma al 23%. È una crescita significativa rispetto al 27% ottenuto da Babis nel 2021, ma non basta per formare un governo monocolore.
Entrando in sala stampa sulle note di “Sarà perché ti amo” dei Ricchi e Poveri, l’ex premier ha definito il voto “il culmine della mia carriera politica”.
Il puzzle delle alleanze: tra auto, nazionalisti e anti-Ue
Babis, che dispone di 81 seggi su 200, punta ora a un’alleanza con gli Automobilisti per se stessi (7%) e i sovranisti di Libertà e Democrazia Diretta (Spd), fermi all’8%. I primi sono anti-burocrazia e critici verso Bruxelles, ma vogliono restare nell’Ue e nella Nato. I secondi, più radicali, sognano un referendum per uscire dall’Unione.
Un’ipotesi realistica, spiegano gli analisti, è un governo di minoranza con appoggio esterno dei sovranisti, uno scenario che porterebbe Praga su una linea più scettica verso l’Europa.
Fine dell’era Fiala e incertezza sull’Ucraina
Il premier uscente Fiala, leader della coalizione “Insieme”, paga la perdita di consenso dei suoi alleati liberali e pirati digitali, che insieme non superano il 20%. Intanto, a Praga si apre una fase di consultazioni con il presidente Petr Pavel per formare il nuovo esecutivo.
Sul fronte internazionale, la svolta di Babis potrebbe raffreddare il sostegno all’Ucraina: il leader populista ha già promesso di rivedere gli aiuti militari e di mettere fine alla “costosa iniziativa sulle munizioni”. I rapporti con Mosca, pur non destinati a un riavvicinamento immediato, potrebbero comunque cambiare tono.
L’onda populista che preoccupa Bruxelles
Il successo di Babis si inserisce in un trend che coinvolge diversi Paesi dell’Est europeo, dove i movimenti nazionalisti e anti-Ue guadagnano terreno sfruttando l’insoddisfazione economica e la stanchezza per la guerra in Ucraina.
La Repubblica Ceca, cuore industriale e politico dell’Europa centrale, diventa così il nuovo campo di prova per capire quanto l’Unione Europea riesca ancora a tenere unita la propria famiglia politica.