Nel 2023 si tornerà all’austerità. Ma c’è una soluzione per dribblare il Patto di stabilità

A Francoforte e Bruxelles si sono rivisti ‘falchi’ d’Europa. Ma, non solo per l’Italia, sarà impossibile rientrare nei vincoli di Maastricht. Quindi?

Nel 2023 si torna all’austerità. Ma c’è un modo per dribblare il Patto ...

Sul palco europeo si rivedono i falchi. Ora che il dibattito sulla revisione del Patto di stabilità comincia a prender quota i nostalgici dell'austerità sono tornati a farsi sentire. Una prima avvisaglia è arrivata dall’ultimo board della Bce, che ha deciso di rallentare il ritmo di acquisto di titoli dei paesi deboli. In linea con quanto chiedono i falchi.

Il giorno dopo, i frugali (che al momento sono 8: Austria, Danimarca, Finlandia, Lettonia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Slovacchia, e Svezia) hanno scritto una lettera sulla riforma del Patto di Stabilità attualmente (che governa disavanzi e debiti dei paesi europei) sospeso a causa della pandemia.

La posizione degli 8 Stati è che, se si vuole una finanza pubblica solida non deve cambiare nulla nel Patto, a cui tornare già dal 2023: né il tetto al disavanzo al 3% del Pil, né il vincolo del 60% di debito, rispetto al Pil, entro cui rientrare al ritmo del 5% dello scarto ogni anno. Per l’Italia si tratterebbe di una stretta di 60-70 miliardi di euro ogni volta.

Si tratta di una tabella di marcia irraggiungibile (non solo per l’Italia). Già nel 2012, il giro di vite impresso ai bilanci in nome dell’austerità, comportò una pesante recessione. Oggi, con il disavanzo complessivo dei governi dell’Eurozona all’8% del Pil e il debito al 100%, rientrare nel 3 e 60% si tradurrebbe in un bagno di sangue. In realtà, più che a questi parametri, i governi frugali chiedono il rispetto delle indicazioni che Bruxelles dà ai paesi inadempienti.

C’è comunque una possibilità per uscire dall’empasse. Secondo il think tank Bruegel, il punto cruciale è la contraddizione fra l’obbligo di investimenti verdi e i vincoli di bilancio del Patto. Per rispettare il Green Deal, in pratica, ogni paese deve effettuare, ogni anno, per i prossimi dieci, investimenti pari allo 0,5-1% del suo Pil. Per l’Italia significa una spesa nell'ordine di 10-20 miliardi di euro l’anno. Con questi livelli di spesa rientrare nei parametri di Maastricht è tecnicamente impossibile a meno che non si attui una austerity forsennata.

Quindi? Per Bruegel, la soluzione è scorporare la spesa verde obbligatoria e non calcolarla nel disavanzo. Una scappatoia di cui beneficerebbe soprattutto l’Italia, vista la quantità di fondi che il nostro paese riceverà dal programma ‘Next Generation Eu’ per destinarli alle politiche verdi. Un giochino che potrebbe funzionare almeno fino a quando, nel 2026, non si esaurirà il flusso dei finanziamenti provenienti dal Recovery Fund.

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