
“Ventisei Paesi hanno concordato di fornire garanzie di sicurezza all’Ucraina. È un primo passo concreto e decisivo”, ha dichiarato Volodymyr Zelensky al termine del vertice dei Volenterosi all’Eliseo, accanto a Emmanuel Macron.
Il presidente francese ha ribadito che i Paesi aderenti sono pronti a intervenire “dal giorno stesso in cui i combattimenti si fermeranno”, precisando che l’impegno potrà avvenire “sul suolo, in mare o nell’aria”.
Differenze tra gli alleati
Le parole di Macron hanno sollevato dubbi su un possibile dispiegamento di truppe in Ucraina. Francia, Regno Unito e alcuni Paesi nordici non escludono questa opzione, mentre Italia, Germania e Polonia hanno chiarito di non voler inviare soldati. “Ogni Paese avrà le proprie modalità di intervento”, ha puntualizzato Macron.
La posizione dell’Italia
Da Roma è arrivata subito la precisazione di Giorgia Meloni: “L’Italia non invierà militari in Ucraina”. Palazzo Chigi ha spiegato che il contributo italiano potrà riguardare attività di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini.
La premier ha rilanciato inoltre l’idea di un meccanismo difensivo ispirato all’articolo 5 della Nato, considerato da Kyiv un pilastro delle future garanzie di sicurezza.
Il ruolo degli Stati Uniti
Il vertice è stato accompagnato da una lunga telefonata con Donald Trump. Meloni e gli altri leader hanno ribadito la necessità del sostegno americano come “rete di sicurezza” per le operazioni del dopoguerra.
Zelensky ha confermato che da Washington è arrivata una garanzia politica di supporto, pur in un quadro reso più complesso dai contrasti interni all’Unione europea, con Slovacchia e Ungheria che continuano ad acquistare petrolio russo.
La strada ancora lunga
Nonostante le aperture, lo scenario resta incerto. “Un incontro con Putin potrebbe essere utile, ma al momento non c’è alcuna volontà russa di fermare la guerra”, ha concluso Zelensky. La prossima sfida, intanto, sarà l’approvazione di nuove sanzioni contro Mosca. Che, tuttavia, fino ad ora non sembrano aver messo in crisi l’economia russa, anche perché il commercio tra Europa e Russia continua anche grazie ad una serie di triangolazioni con altri paesi, tra cui la Turchia.