
La leggenda dell’automotive tedesco vive uno dei momenti più difficili della sua storia. Porsche ha registrato nel terzo trimestre una perdita operativa di 967 milioni di euro, un dato ben peggiore rispetto alle stime degli analisti, che prevedevano un rosso di circa 600 milioni. Da gennaio a settembre, l’utile operativo è crollato a 40 milioni di euro, contro i 4 miliardi dello stesso periodo del 2024. In pratica, una caduta del 99%.
La ristrutturazione costa cara
La società ha spiegato che le perdite sono dovute in gran parte ai costi di ristrutturazione, pari a 1,8 miliardi di euro, legati a un profondo “riallineamento strategico”.
Il CFO Jochen Breckner ha definito il momento “un passaggio doloroso ma necessario”, assicurando che il punto più basso sarà toccato nel 2025, mentre dal 2026 Porsche tornerà a crescere. Tradotto: oggi la casa tedesca sacrifica i profitti per garantirsi una nuova identità nel futuro dell’automotive.
Cambio al vertice e cambio di rotta
L’operazione di rilancio sarà guidata da Michael Leiters, ex CEO di McLaren, che succederà a Oliver Blume, il quale si concentrerà sulla guida del gruppo Volkswagen.
Leiters eredita un’azienda scossa e in piena transizione: meno elettrico, più motori tradizionali, almeno per i prossimi anni. Una mossa che segna un cambio di paradigma rispetto alla corsa all’elettrificazione che aveva dominato l’ultimo decennio.
Il crollo della domanda in Cina
La crisi cinese pesa come un macigno sui conti di Porsche. Il mercato dell’auto di lusso è in netto rallentamento, frenato dalla debolezza dell’economia e dal calo del potere d’acquisto delle famiglie. La Cina, che rappresentava uno dei principali motori di crescita per la casa di Stoccarda, oggi è diventata il suo tallone d’Achille.
Dazi e tempesta Usa
Oltre alla frenata cinese, Porsche deve fare i conti con i nuovi dazi doganali statunitensi, che stanno costando milioni di euro in esportazioni perse e margini erosi. Gli Stati Uniti, secondo mercato per importanza dopo la Cina, potrebbero rivelarsi un terreno sempre più difficile per i marchi europei di fascia alta.
Tagli in vista e addio alle batterie
Il nuovo piano industriale prevede tagli significativi al personale e lo stop a diversi progetti sull’elettrico, tra cui la produzione interna di batterie.
La strategia punta invece a rilanciare i modelli con motore a combustione interna, considerati ancora redditizi e richiesti da molti mercati.
Secondo le stime, l’intera transizione industriale avrà un costo complessivo di 3,1 miliardi di euro nel 2025, evidenziando come il mito tedesco dell’automobilismo premium sia entrato nella sua crisi più profonda degli ultimi trent’anni.






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