
Bosch, il più grande fornitore mondiale di componentistica per auto, ha annunciato un piano di 13mila licenziamenti entro il 2030. Una scelta che arriva dopo i già durissimi 11.500 tagli del 2024 e che segna il più grande ridimensionamento della storia del gruppo.
Stabilimenti nel mirino
I tagli colpiranno soprattutto la divisione Mobility in Germania, in particolare gli stabilimenti di Feuerbach, Schwieberdingen, Waiblingen nell’area di Stoccarda, e quelli di Bühl e Homburg. L’obiettivo dichiarato è ridurre i costi e aumentare la competitività, in un mercato sempre più sotto pressione.
Un settore in difficoltà
La crisi dell’automotive europeo non si arresta: domanda debole, rallentamento dell’elettrico e della guida autonoma, margini troppo bassi. Bosch punta a risparmiare 2,5 miliardi di euro l’anno entro il 2030, portando il margine di profitto dal 3,8% al 7%. Anche a costo di sacrificare posti di lavoro e ridurre la qualità dei materiali.
I sindacati sul piede di guerra
Il sindacato tedesco IG Metall ha bocciato il piano, chiedendo un blocco dei licenziamenti fino al 2027. I lavoratori denunciano una strategia che mette al primo posto i profitti, dimenticando chi ha reso Bosch un gigante globale con un fatturato di 90,3 miliardi di euro nel 2024.
La sfida del futuro
Il gruppo guarda a intelligenza artificiale e produttività spinta come leve per il rilancio, mentre il “modello cinese” incombe sul settore. Ma la strada appare in salita: la crisi dell’automotive tedesco rischia di diventare una frattura sociale oltre che industriale.