Il 31 dicembre 2025 chiuderà RW Silicium, l’ultima fabbrica tedesca di produzione del silicio. Lo rivela la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Lo stabilimento si trova a Pocking, in Baviera, ed era attivo dal 1942: negli anni d’oro arrivava a produrre fino a 30 mila tonnellate di silicio l’anno, una materia prima cruciale per elettronica, semiconduttori, fotovoltaico e industria chimica.
Energia alle stelle e concorrenza asiatica
A decretare la fine dell’impianto è stata una combinazione letale: costi dell’energia triplicati dopo l’invasione russa dell’Ucraina e pressione competitiva della Cina, che esporta silicio a prezzi nettamente inferiori. Secondo il quotidiano tedesco, a pesare sono anche gli standard ambientali e di sicurezza europei, molto più stringenti rispetto a quelli cinesi, che però non incontrano barriere significative all’ingresso nel mercato Ue.
110 lavoratori e una filiera che si svuota
La decisione verrà comunicata a 110 dipendenti, mentre l’Europa perde l’ultimo presidio industriale interno su un materiale considerato strategico. Un paradosso, se si pensa che Bruxelles discute da anni di autonomia sulle materie prime critiche e di sovranità tecnologica.
Silicio: il tallone d’Achille della transizione digitale
Il silicio è alla base di chip, pannelli solari, veicoli elettrici e infrastrutture digitali. Oggi oltre il 70% della produzione mondiale è concentrata in Asia, soprattutto in Cina. La chiusura di RW Silicium rende l’Europa ancora più dipendente dall’estero, proprio mentre Stati Uniti e Cina rafforzano le proprie filiere interne con sussidi e protezioni mirate.
Dall’autonomia strategica ai fatti mancati
Il caso tedesco arriva mentre l’Ue promuove iniziative come il Chips Act europeo e il Critical Raw Materials Act, pensati per ridurre la dipendenza da Paesi terzi. Ma senza energia competitiva, strumenti di difesa commerciale e una vera politica industriale comune, le dichiarazioni rischiano di restare slogan.
Un segnale politico (scomodo) per l’Europa
La chiusura dell’ultima fabbrica di silicio non è solo una notizia industriale: è un campanello d’allarme geopolitico. Se l’Europa rinuncia a produrre materiali chiave, rischia di perdere non solo fabbriche, ma potere negoziale, sicurezza economica e autonomia tecnologica.


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