
Si parla spesso di precariato nel mondo del lavoro. Un’altra faccia della stessa medaglia è l’aumento dell’emigrazione, soprattutto di giovani istruiti: nel periodo 2011-23 550mila giovani (tra i 18 e i 34 anni) hanno lasciato l’Italia, con un saldo negativo per quella fascia d’età di 377mila persone.
Lavoro precario, bassi salari e carriere bloccate: perché i laureati se ne vanno
Ai laureati, d’altronde, il sistema produttivo in Italia offre soprattutto lavori precari, a bassi salari e con scarse opportunità di carriera (come documentato dalle ricerche della Fondazione Nord Est); l’emigrazione è la scelta obbligata per numeri crescenti di giovani laureati.
L’economia italiana si sposta verso i servizi a bassa qualificazione
Questi dati vanno inseriti nelle trasformazioni più generali dell’economia del Paese. In questi anni si sono persi molti posti di lavoro nell’industria manifatturiera e non crescono i settori a alta tecnologia. Gran parte della nuova occupazione è nei servizi a bassa qualificazione (commercio, ristorazione, pulizie) saliti da poco più di 5 milioni di addetti nel 2014, a 6 milioni nel 2019. I servizi ad alta qualificazione occupavano allora circa 1 milione e 600 mila persone nel 2014 e ne impiegano appena centomila in più nel 2019.
Un sistema produttivo che non genera più crescita né occupazione di qualità
L’economia ha così visto perdersi posti di lavoro ad alta produttività, in attività che usano tecnologie avanzate, con maggiori salari, tutele sindacali e possibilità di carriera. Si è ridimensionata la parte dell’economia del Paese più capace di sostenere crescita, produttività, alti redditi. Il peggioramento delle condizioni di lavoro, insomma, è andato di pari passo con l’impoverimento del sistema produttivo del Paese.