Almeno per alcuni colossi mondiali dell’energia come Exxon, Shell, Equinor e Bp, la rivoluzione verde può aspettare. Il petrolio resta al centro per la società americana ed è un rimpianto per gli altri gruppi che hanno tentato di cavalcare la transizione energetica, ma ora avviano una mezza retromarcia disattendendo completamente gli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti.
Secondo la Iea, la domanda globale di carbone crescerà dell’1% nel 2024, raggiungendo il massimo storico di 8,77 miliardi di tonnellate. Nell’Ue e negli Stati Uniti, la domanda di carbone continua a ridursi, ma a un ritmo significativamente più lento. È sulla buona strada per diminuire rispettivamente del 12% e del 5% quest’anno, rispetto al 23% e al 17% del 2023.
In questo scenario, fanno rumore molti dietrofront industriali. La major americana Exxon, nel suo ultimo piano industriale, ha proposto di aumentare la produzione complessiva di petrolio e gas che dovrebbe raggiungere i 5,4 milioni di bpd (barili al giorno), con un aumento di circa il 18% rispetto agli attuali 4,58 milioni di bpd.
In Europa, in parallelo, tre grandi aziende petrolifere hanno deciso di ridimensionare considerevolmente i loro investimenti nelle rinnovabili. La britannica Bp, la norvegese Equinor e l’olandese Shell si sono trovate concordi nel decidere di dirottare i loro fondi nuovamente sul petrolio, mettendo in stand-by gli obiettivi ambientali.