L’energia nucleare può risolvere parte dei problemi atavici dell’Africa? Il ruolo decisivo della Russia

In Africa c’è al momento soltanto una centrale nucleare (vicino a Città del Capo).

L’energia nucleare può risolvere parte dei problemi atavici del continente?

Il Burkina Faso e il Mali hanno siglato nelle scorse settimane due memorandum d’intesa con Rosatom, l’agenzia russa per l’energia atomica, che porteranno alla costruzione di centrali nucleari nei due Stati africani. Lo sviluppo del nucleare per scopi civili nei Paesi del continente, che ancora soffrono di una grave carenza di elettricità, è una delle carte giocate dal Cremlino per estendere la sua influenza sul continente.

Al momento, l’unica centrale nucleare africana è attiva in Sudafrica, vicino a Città del Capo, dove sorge l’impianto di Koeberg, entrato in funzione nel 1984. In Egitto, a El Dabaa, sta per nascere una centrale nucleare targata Rosatom, a cui anche l’Uganda ha chiesto di costruire un impianto. Il Ruanda, invece, ha recentemente firmato un accordo con l’azienda canadese-tedesca Dual Fluid, che costruirà un reattore nucleare di prova entro il 2026.

Nell’Africa subsahariana l’accesso all’elettricità è ancora scarso: più del 50 per cento della popolazione non ha un collegamento alla corrente. In tale quadro, il Burkina Faso è uno dei Paesi con la rete elettrica meno estesa del mondo, che raggiunge appena il 21 per cento della popolazione. L’attuale capo della giunta militare ha chiesto l’aiuto di Mosca per costruire una centrale nucleare: l’obiettivo è garantire, entro il 2030, la corrente elettrica al 95 per cento degli abitanti delle aree urbane, e al 50 per cento di quelli delle aree rurali. L’intesa con Rosatom rientra in questa strategia.

Il Mali, che si trova in una situazione simile a quella del Burkina Faso, ha firmato con l’azienda russa un’intesa che riguarda anche per la costruzione di centrali idroelettriche, ma l’obiettivo centrale della loro collaborazione sarà lo sviluppo del nucleare civile.

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