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Nel luglio 2020, in piena pandemia, lo Zimbabwe ha promesso 3,5 miliardi di dollari di risarcimenti a 4.000 ex coloni bianchi per le terre redistribuite nei primi anni 2000. Un atto estremo, se si considera che lo Stato africano era già sull’orlo del collasso economico. Obiettivo: convincere Washington a revocare la ‘legge Zdera’, che blocca l’accesso ai finanziamenti internazionali dal 2001. Ma l’embargo è rimasto.
Una storia riscritta: il peso del colonialismo
Durante il dominio britannico, il 90% delle terre fertili dello Zimbabwe era nelle mani di una minoranza bianca, lasciando milioni di africani in terre aride. La riforma agraria avviata nel 2000 dal governo di Mugabe, pur con molte lacune, ha restituito terreni a migliaia di famiglie nere. Eppure, a livello globale, è stata narrata come un atto illegittimo e distruttivo.
Il prezzo dell’indipendenza: un’intera economia sotto embargo
Le reazioni dell’Occidente furono dure e immediate: Usa, Ue, Regno Unito e Canada imposero sanzioni. La ‘legge Zdera’ divenne simbolo della punizione inflitta a chi osa sfidare gli equilibri post-coloniali. Risultato: lo Zimbabwe ha perso l’accesso a oltre 100 miliardi di dollari in aiuti e investimenti in 20 anni.
Un circolo vizioso che punisce i più deboli
Il governo ha accettato di contrarre nuovi debiti per compensare i coloni, aggravando la povertà diffusa. E nonostante gli appelli dell’Onu contro gli effetti devastanti delle sanzioni, gli Stati Uniti continuano a negare il supporto finanziario, difendendo una legge che perpetua lo squilibrio storico tra colonizzatori e colonizzati.
E il Sudafrica? Un déjà-vu che preoccupa
Nel 2018, l’amministrazione Trump ha interrotto gli aiuti al Sudafrica, accusandolo – senza prove – di voler sottrarre terre ai contadini bianchi. In realtà, la riforma fondiaria sudafricana è costituzionalmente garantita e mira a correggere gli abusi dell’apartheid, dove l’8% della popolazione controlla oltre il 70% delle terre agricole.
Giustizia fondiaria o minaccia geopolitica?
La riforma agraria è dipinta come minaccia all’ordine globale, ma è in realtà una battaglia per l’equità. Citando Thomas Sankara: “Il debito è una riconquista dell’Africa”. Lo Zimbabwe è l’esempio perfetto di come le riparazioni si trasformino in una nuova forma di sottomissione economica.
Il mondo deve cambiare rotta
È tempo che la comunità internazionale riconosca che le riforme agrarie non sono un pericolo, ma una richiesta di giustizia storica. Bisogna revocare le sanzioni, cancellare i debiti e permettere a paesi come Zimbabwe e Sudafrica di autodeterminarsi. La vera minaccia non sono le riforme: lo è l’ipocrisia di chi le ostacola?